Dopo numerose resistenze mi accingo finalmente alla lettura di "Demonologia Rivoluzionaria" del Gruppo di Nun. E qui però si affastellano due ordini di considerazioni. Alla luce di una lettura interessante, affascinante, feconda di interessanti implicazioni filosofiche, ci si scontra però con la biografia sociale degli autori: tutti borghesi, tutti di quella "città bene" dei circoli culturali alternativi e radical-chic, tutti giovani promesse dell'editoria, che mal si conciliano con quel loro "dolore", quella "sofferenza cosmica" che dicono di esaltare.
Troppo facile fare i negromanti negli interstizi tra un podcast e un vlog.
Tutti questi autori sono presentabilissimi prodotti da social media: nessuno è sovrappeso, sono un po' eccentrici, mettono le dr martens e i berretti neri, hanno lo sguardo un po' maudit e guardacaso, sebbene siano accademici, nessuno di loro dice una parola sulla barbarie del lavoro d'accademia, dei contratti farlocchi, dello sfruttamento.
Perché se sei di buona famiglia puoi permetterti di fare il filosofo già a 20 anni, tanto, chi ti paga l'affitto ce l'hai.
Scusate oggi sono molto velenoso