Tra i miei primi ricordi. Sono in un letto d'ospedale. La mia mano sinistra comincia a formicolare. Poi si apre. Smette di appartenermi e diventa una cosa del mondo; ma non una cosa qualsiasi: nella mia mano il mondo si manifesta come un tutto. Le cose entrano nella mia mano, si gettano in essa come nella loro origine; e dalla mia mano il mondo a sua volta è partorito. Queste sono parole, e dunque qualcosa di superficiale e inadeguato; si soffermano al margine di ciò che appartiene a una diversa dimensione.
Siamo convinti, in fondo, che il _senso_ del mondo debba esprimersi attraverso la parola. Che si tratti di elaborare una _teoria_: qualcosa che abbia a che fare col vedere e col dire, in bell'ordine, quello che si è visto. Di creare una architettura del mondo in cui collocare noi stessi. Ma l'essenza non è né nella parola né nella vista. Più che di teoria, si tratta di estesia. E, più a fondo, di anestesia.