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L'uscita più disastrosa della mia vita è stata con una ragazza che lavorava alla selezione del personale di una grossa fabbrica della zona. Pensando d'essere simpatica esordì raccontandomi un colloquio che aveva fatto quella mattina. Aveva chiesto a una candidata se aveva intenzione di avere figli. E lei aveva osato rispondere di sì. "Capisci? ha detto sì. Con sfacciataggine! Che si aspettava, che l'assumessimo?"

Per un po' sono stato in dubbio. Una parte di me diceva che una ragazza così dolce e carina non poteva aver davvero fatto una cosa simile; doveva esserci un'interpretazione, tipo la Bibbia che dice una cosa ma in realtà ne vuole dire un'altra. Un'altra parte di me era per il vaffanculo immediato ed ultimativo. Una terza parte se ne uscì così: "Ormai ci siamo, cerchiamo di divertirci". E la spuntò.

Ci divertimmo, dunque. Per tutta la serata le esposi nella forma più estrema le mia idee politiche, parlandole delle diverse correnti dell'anarchismo, della differenza tra Federazione Anarchica Italiana e Federazione Anarchica Informale e dell'anarcosindacalismo: e assistendo al suo commovente tentativo di mantenersi carina e impassibile mentre nella sua testa c'erano una voce che le diceva di scappare, un'altra che esigeva l'immediata denuncia ai carabinieri e una terza, più saggia, che consigliava la chiamata a fine serata, al sicuro a casa, che non si sa mai.

La seconda uscita più disastrosa della mia vita è stata con una poverina che si presentò piangendo. "Buonasera", le dissi. E una voce dentro di me diceva: "Che n'atə cazzə də guəjə" (in che cazzo di guaio mi sono cacciato). Pianse per tutta la serata. Fluviale. Inconsolabile. Era successo che il suo ex s'era sposato. Una tragedia di proporzioni cosmiche.

La terza uscita più disastrosa è stata con una delle più belle donne che la generosa terra pugliese abbia prodotto. Un’artista raffinata, sensibile eccetera. Che diede il tono alla serata parcheggiando nel posto riservato ai disabili. Poi mi portò a visitare un museo. La vidi confabulare in biglietteria: era riuscita ad avere i biglietti gratis dicendo di essere nonsobenechiocosa. Usciti, mi parlò a lungo della sua visione del mondo, portandomi con mano tra Gurdjeff e Guenon, tra il Re del mondo e Kaspar Hauser. Concluse con un “Almirante è stato un grande uomo” che ebbe su di me lo stesso effetto di uno shottino di olio di ricino.

La quarta uscita più disastrosa della mia vita è stata con Miss Gossip. Una di quelle uscite che ti raccomandano gli amici che ti vedono solo da troppo tempo e ti vedo triste dai fai qualcosa per tornare a sorridere. E torniamo a sorridere. Si parla del più e del meno. E appena si tocca il più - che per me vuol dire qualcosa che richieda un minimo di lavorio dei neuroni - la figliuola esige il meno. E lo invoca con una simpatica esclamazione: “Gossiiiiip?”. E insomma, ha praticamente passato tutta la serata a ripetere: “Gossip?”. Parlo di filosofia. “Gossip?” Dai, ci sta, poverina. Proviamo con la politica. “Gossip?”. Niente. Libri? “Goooossiiiiiiip?”. Kitemmurt. Alla fine la portai in pizzeria e le spiegai che per me è molto importante non parlare mentre si mangia, sia per educazione che per digestione. E mangiai molto lentamente.

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