Non c'è nulla che ci spaventi più del solipsismo. Essere condannati al proprio io -- alle mura del proprio io. Io non ammette altro, e pure ne avverte il bisogno. Non esiste senza specchio: ma ogni altro non è, appunto, che specchio. Nessuno può essere dove noi siamo, né noi possiamo essere dove è l'altro. Non ci assale forse da bambini, ripetutamente, il sospetto che gli altri non siano che fantasmi? E di fatto questo sono. Immagini create dal nostro sistema nervoso.
Nessuno può comunicarsi a nessuno. Per questo ci creiamo Dio. Abbiamo bisogno di sentire che esiste un essere perfino più solo di noi.
@naciketas Sì, questo è un fatto, ma è solo un livello della percezione del reale, è quello che sente Io.
Approfondendo l'indagine anche questo appare illusorio.
@eremo Il problema è: a _chi_ l'io appare illusorio?
@naciketas alla comprensione che si sviluppa e che trascende quella dell'io.
È necessario postulare l'esistenza della coscienza, livello di conspevolezza e di sentire di cui l'io è derivazione e conseguenza.
L'individuo/coscienza 'sperimenta/sente' la realtà illusoria del divenire e 'sperimenta/sente', in modo relativo, il Reale.
@eremo questa coscienza diventa un io di secondo livello, che pone tutti i problemi dell'io comune. E verso il quale valgono le obiezioni del Buddha verso i suoi maestri.
@naciketas va bene lo stesso. Dall'uno ai molti dai molti all'uno.
Tutto è illusorio.
Anche l'uno? Non saprei, alla fine non è rilevante. Chi definisce cosa è illusorio?
L'esperienza dice che più ti allontani dai 'molti' più esci dalla morsa del non senso.
Dice anche, l'esperienza, che la condizione indivisa ha tanti strati e più la si vive più si esce dall'investigazione e si entra nel Ciò-che-È.