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Questa notte Ermes ha pianto a dirotto per i dentini. Notte in bianco o quasi. Mi sono svegliato con un senso di stanchezza che aveva del metafisico. Kai mi son gettato sotto la doccia, mi sono costretto giù per le scale e su per l’autobus. E nell’autobus ho guardato la gente. Mi sembravano tutti strappati dai loro letti, con addosso una stanchezza metafisica. E per un attimo mi è sembrato davvero tutto havel havalim. Perché cazzo lo facciamo? Perché ci siamo gettati in questa impresa? A che pro? Per il bene di chi ci alziamo ogni mattina per andare al lavoro? Perché ci siamo messi a costruire cose su cose? Perché non ce ne stiamo in pace?
Sto rileggendo la “Repubblica” di Platone. M’era sfuggita una cosa. Non sono l’unico a quanto pare cui è sfuggita. La famosa utopia di Platone, quella della società divisa in caste, non è affatto l’utopia di Platone. A Glaucone Socrate propone la sua società ideale. Una società di persone semplici, che vivono una vita frugale, mangiando farro e grano, cipolle e fichi. Ma Glaucone protesta: manca il companatico. E allora Socrate si lancia con la descrizione di una “società malata”. Che tanto per cominciare dovrà avere un esercito, perché se vuoi di più devi strapparlo al tuo vicino.

@naciketas ti sei già risposto nelle prime due righe. Che fare? Non prendertela con il piccolo 😉, secondo me sei “stanco” di tuo, e cerchi altrove cause, giustificazioni, orpelli. Non guardare in viso la gente, non fa mai bene. Non guardarla al lavoro, potrebbe farti stare peggio. Guardati allo specchio, cambia qualcosa, credimi: se hai la barba tagliala, se non ce l’hai falla crescere. Illuditi di essere un altro. Auguri

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