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Da _Consegnarsi. Breve saggio su quello che si fa a scuola_, in preparazione.

Bisogna educare, dunque: e per farlo non basta insegnare le regole sociali, che è un’altra cosa. Ma cos’è, allora, educare? Prima di azzardare una risposta consideriamo ancora cosa non è educare.
Molti educatori, mossi dalle migliori intenzioni, ritengono che educare significhi portare la persona o le persone che hanno la responsabilità di educare verso un loro ideale o modello. Si tratta, in genere, di un duplice modello. Da un lato hanno una certa idea di come debba essere una persona e cercano di condurre i loro figli o i loro studenti verso questo modello. Il quale non è altro che una fotografia più o meno fedele di quello che è lui stesso, l’educatore. Ogni insegnante pertanto desidera che il suo studente faccia spazio in modo significativo, nella sua vita futura, all’elemento intellettuale; e sarà felicissimo se si dedicherà in modo particolare alla sua disciplina. Può essere al contrario che un genitore che faccia un lavoro manuale desideri avere come figlio un futuro bravo meccanico o idraulico, e consideri con perplessità un futuro da laureato in filosofia.
Dall’altro lato c’è un modello di società, che agisce in particolare in coloro che educano e insegnano per professione. Sappiamo che è desiderabile un certo tipo di società: democratica, inclusiva, egualitaria, pacifica. Lo sappiamo perché ce lo dice la Costituzione, e pensiamo in assoluta buona fede che il nostro compito, in quanto insegnanti, sia quello di condurre i nostri studenti verso questo ideale.
Per educare dunque dovremmo delineare un modello di individuo e un modello di società. Ma come farlo? Chi ha il diritto di stabilire quale individuo è desiderabile diventare? La questione del modello di società sembra meno difficile. Siamo in una società democratica, abbiamo regole e valori condivisi, al di là delle differenze politiche. E tuttavia sappiamo che queste differenze esistono, e il modo di concepire la democrazia, le sue regole e i suoi valori di una persona di destra sono assolutamente diversi da quelli di una persona di sinistra. E la faccenda si complica quando si considerano alcuni valori legati – almeno nella percezione comune – al mondo del lavoro, come la competitività e l’efficienza. Buona parte della polemica pedagogia (più spesso: anti-pedagogica) e politica sulla scuola riguarda questo punto. Quali dei tanti valori e modelli di vita presenti in società la scuola deve trasmettere? E chi ha il diritto di stabilirlo?
Si potrebbe dire che ognuno ha il diritto di educare secondo il proprio personale modello di individuo e la propria personale interpretazione della democrazia. Ma in questo c’è un movimento che appare discutibile: l’educatore si fa avanti e occupa tutta la scena. Ne ha il diritto?
La questione del diritto di educare pare insolita. A porla è stato, mi pare, il solo Lev Tolstoj. Noi riteniamo di avere non solo il diritto, ma anche il dovere di educare; ma se l’educazione, secondo la definizione che ne dà Tolstoj, è la “tendenza di una persona a plasmarne un’altra a sua immagine” , allora il problema si pone. Se accettiamo questa definizione di educazione sembra inevitabile la conclusione del grande scrittore russo: “L’educazione è l’aspirazione al dispotismo morale elevata a principio”. In alcuni casi ciò è assolutamente chiaro. Ha fatto molto scalpore il memoir di Tara Westover, una donna cui un padre oppressivo, seguace di una setta millenarista, ha impedito di frequentare la scuola, per meglio educarla ai suoi principi religiosi, per lo più deliranti. La sua storia è un doloroso atto di accusa verso i genitori e l’educazione che si sono ritenuti in diritto di imporle. Ma, si dirà, il problema in quel caso è che i genitori avevano principi estremi, che hanno allontanato la figlia dal resto della società. Che dire invece quando è la società stessa che, consapevole di avere alcuni problemi, decide di affrontarli attraverso l’educazione? Stiamo vivendo una gravissima crisi ecologica. Non dovremmo educare le nuove generazioni al rispetto dell’ambiente? E non dovremmo preoccuparci di formarli come cittadini attivi e responsabili, capaci di vivere in una vera democrazia? Una società non ha il diritto di educare le nuove generazioni secondo un modello umano desiderabile?
Prima di rispondere consideriamo ancora una questione.

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