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Il testo che segue potrebbe offendere la vostra sensibilità. Ma sarebbe opportuno che la nostra sensibilità di italiani venisse offesa più spesso da testi simili. (Il libro di Verna è bellissimo.)

«Qui ci sono dei bambini, vieni a darmi una mano», gridò una voce alle sue spalle. Si girò, e trovò Vetro. Teneva fra le braccia quattro negretti piccoli come dei cagnini, che scalciavano e urlavano. Si avvicinò di corsa. I bambini erano fuscelli, Vetro li teneva in braccio senza sapere come domarli.
«Chi sono?»
Vetro indicò con il mento una baracca in fiamme. «Sono scappati dalla finestra».
«Ci penso io».
Mio padre li colpí col gomito alla radice del naso, preciso, svelto, e le creature si afflosciarono come fantocci. Solo uno, il piú grande, avrà avuto sei anni, non perse i sensi ma continuò a lamentarsi piano, con il sangue che gli sgorgava giú dal naso.
«Bene, – annuí Vetro, – cosí».
Scagliò i quattro bambini nel rogo, uno dopo l’altro. Quello che ancora era sveglio agitò le gambe mentre volava verso l’incendio, come se stesse correndo nell’aria.

Nicoletta Verna, "I giorni di Vetro", Einaudi.

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