Agostino era operaio presso una piccola azienda che si occupava di idrocarburi. Il suo padrone - così lo chiamava, così era - era impegnato in politica, per metterla su un piano nobile. Consigliere comunale del Movimento Sociale. Ebbe un brutto quarto d'ora quando a qualcuno venne la bizzarra idea di indagarlo per l'assassinio del direttore dell'Ufficio del Registro, Franco Marcone. Fu scagionato.
Benché il suo padrone fosse benevolo, di soldi non ne arrivano troppi. L'operaio Agostino viveva con la moglie e i tre figli in un basso di trentotto metri quadri in via Maria Grazia Barone. Non ebbe mai la casa popolare, e questa fu forse l'unica fortuna della sua vita.
Al momento di andare in pensione, l'operaio Agostino ebbe l'impressione che il suo benevolo padrone gli avesse dato meno di quello che gli spettava, di liquidazione. Gli fece dunque causa. La perse. Sì impegnò poi in una causa con l'avvocato che aveva perso la causa. E perse anche quella causa. Vincere le cause non era nelle sue corde. Pare che sia un difetto degli operai.
Si è goduto la pensione per qualche anno, l'operaio Agostino, girellando per la città su una vecchia bicicletta Bianchi, facendo il solitario con le carte - spesso imbrogliava - guardando Rete 4 e spaventandosi di tutto. Poi ha avuto un infarto. Poi un tumore alla parotide. Poi un tumore ai polmoni. Poi un tumore al fegato.
Per il suo diciottesimo compleanno l'operaio Agostino regalò centomila lire al secondo figlio. Prendi quello che vuoi. Il figlio comprò un cofanetto con i CD dei concerti di Mozart. E con quella musica in cuffia le pareti del basso di via Maria Grazia Barone diventavano di cristallo, e diventava di cristallo via Maria Grazia Barone, diventava di cristallo Foggia, diventava di cristallo la fottuta Italia corrotta e mafiosa: e c'era un fuori puro, e vasto: e buono. Di questo il secondo figlio fu grato all'operaio Agostino, anche se per il resto non si intendevano troppo.
L'operaio Agostino è morto ieri. Era mio padre.