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Alcune riflessioni rispetto alla questione di una presunta AGI (Artificial General Intelligence) inevitabile in seguito alla campagna mediatica e di marketing sollevata dal sistema -4

Parlare di una Intelligenza Artificiale “Generale” significa parlare della intelligenza di nessuno, un modo come un altro per ridefinire in modo seduttivo - con obiettivi marketing - un complesso e sofisticato sistema di elaborazione che riduce la ragione a calcolo.

L’intelligenza negli umani non si manifesta mai come una entità o un processo astratto e riproducibile ma come un fenomeno che prende forma nella dialettica incessante tra sé mondo e gli altri, una dialettica nella quale, in ogni istante, è in gioco il riconoscimento di sé. Non si dà mai una intelligenza in quanto oggetto o processo riproducibile a se stante perché nella esperienza vissuta l’intelligenza si manifesta come un fenomeno che è sempre di qualcuno ingaggiato nell’attuazione dei riferimenti che fanno parte di situazioni fenomeniche concrete. Attraverso quegli ingaggi prende forma anche quel ritmo personale di familiarità con le esperienze di vita che determina l’individualità essenziale e non riproducibile di quelle esperienze: l’esser di volta in volta sempre mio di una esperienza strutturalmente aperta.

Detto diversamente:
1) non si dà mai qualcosa senza qualcuno che gli permetta di apparire secondo una determinata posizione, in un orizzonte con la relativa trama di significatività;
2) non si dà mai qualcuno se non ingaggiato in un qualche contesto che, presentandosi, gli permette di trovarsi in una certa possibilità d’essere, di fare e di sentire.

Il come la realtà ci si fa incontro si manifesta sempre e solo a partire da come siamo aperti ad essa. I modi di tale apertura si possono dischiudere solo a partire da ciò che, facendosi incontro, ci interpella.
Di contro, il modo d’essere delle macchine, nel portare a compimento delle operazioni, si manifesta sempre secondo altre modalità, in sintesi:

  • non hanno vissuti
  • non generano identità
  • non fanno esperienza di un mondo
  • non fanno esperienza delle attività che attraverso esse si compiono
  • in ciò che compiono non ne va mai di sé
  • in ciò che compiono non è mai in gioco il riconoscimento di sé
  • non prendono posto nei contesti consapevoli di sé, in relazione agli altri e al mondo

dunque sono prive di quelle qualità/possibilità che riconosciamo come specifiche dell’ontologia dell’umano. Nella prospettiva computazionale, attraverso la macchina, tutto è processo, tutto è producibile o riproducibile come le sedie.

«Al posto del concetto di essere troviamo ora il concetto di processo. E mentre è nella natura dell’essere l’apparire e il rivelarsi, è nella natura del processo il rimanere invisibile, essere qualcosa di cui si può solo dedurre l’esistenza dalla presenza di certi fenomeni.»
[Hannah. Arendt, Vita Activa. Bompiani - pag. 220]

Anche basta dare per scontate questioni che non lo sono solo perché conviene.
arxiv.org/abs/2303.12712

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