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«Ma forse quest’istituzione e questo desiderio non sono altro che due risposte opposte ad una stessa inquietudine: inquietudine nei confronti di ciò che il discorso è nella sua materiale realtà di cosa pronunciata o scritta; inquietudine nei confronti di quest’esistenza transitoria, destinata magari a cancellarsi, ma secondo una durata che non ci appartiene; inquietudine nell’avvertire dietro a questa attività, pur quotidiana e grigia, poteri e pericoli che si immaginano a stento; inquietudine nel sospettare lotte, vittorie, ferite, dominazioni, servitú attraverso tante parole, di cui l’uso ha ridotto da sí gran tempo le asperità.
Ma che c’è dunque di tanto pericoloso nel fatto che la gente parla e che i suoi discorsi proliferano indefinitamente? Dov’è dunque il pericolo?»
—[Michel Foucault, L’ordine del discorso, Einaudi]

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