Far finta di essere sani (cit. Gaber)
Impressionante quanta paccottiglia newage e vagamente orientaleggiante si trovi in giro, online e offline.
Offerte commerciali mascherate da percorsi pseudo-spirituali gestiti da “guide” tutte uguali: un mix di riferimenti a rituali ancestrali, sciamanesimo, tradizioni orientali ridotte ad hamburger e patatine, improbabili pratiche corporee e immaginali inventate in prospettiva di profitti… e poi il solito carosello delle foto dei viaggi in luoghi lontani, quelle in compagnia di persone più o meno note, pellegrinaggi nei sacri templi della newage. Una vita vissuta di riflesso, dove non importa chi sei, cosa sai e cosa sai fare ma con chi ti fai fotografare.
Non ti capaciti di come questi/e riescano a trovare acquirenti, una marea di disperati che prima o poi avranno un risveglio al deserto di una vita all’insegna del disimpegno, perché in tutta quella montagna di finte pratiche e rituali non c’è mai nulla di veramente impegnativo, tutto è vissuto all’insegna della seduzione, del denaro e del gioco con ridicole pretese.
[foto: W. Davies, The Happiness Industry – Verso Books (2015)]