L'avviso di garanzia per 13 manifestanti a Pisa, indagati per resistenza e offesa a pubblico ufficiale durante una manifestazione contro il governo, solleva interrogativi su un aspetto cruciale della democratica: la libertà di contestazione.
Da Bologna a Pisa, passando per molte altre città italiane, si delineano contesti in cui il dissenso viene criminalizzato, segnalando un problema che coinvolge il rapporto tra il potere e i cittadini.
Le città, storicamente, sono state il luogo del conflitto e della presa di parola. Spazi pubblici come piazze e strade non rappresentano solo infrastrutture fisiche, ma anche arene di confronto politico e culturale.
Gli eventi di Pisa non sono un'eccezione: sono il sintomo di una dinamica più ampia che attraversa il nostro paese, in cui le proteste contro un governo vengono spesso trattate come una minaccia da arginare.
La legittimazione di movimenti neofascisti e l'attacco alla memoria antifascista mostrano come la storia sia diventata un terreno di disputa ideologica, con l'obiettivo - come sottolinea Daniele Curci - di riscrivere non solo il passato ma anche il futuro politico del paese.
Riconoscere le città come luoghi di conflitto significa accettare la loro complessità e il loro ruolo cruciale nella costruzione di una democrazia vibrante.
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