«Lo scorso anno ho vissuto un’esperienza che mi ha cambiato la vita, a 90 anni. Sono andato nello spazio, dopo decenni passati a interpretare un personaggio iconico di fantascienza che esplorava l’universo. Pensavo che avrei provato una connessione profonda con l’immensità che ci circonda, un richiamo all’infinita esplorazione.
Mi sbagliavo completamente.
Il sentimento più forte, che ha dominato tutto il resto, è stato il dolore più profondo che abbia mai provato. Ho capito, nel modo più chiaro possibile, che viviamo su un piccolo oasi di vita, circondati da un’immensità di morte. Non ho visto infinite possibilità di mondi da esplorare, di avventure da vivere o di creature viventi con cui connettermi. Ho visto la più oscura delle oscurità che avessi mai immaginato, in contrasto così netto con la calda accoglienza del nostro nutriente pianeta natale.
È stato un risveglio immensamente potente per me. Mi ha riempito di tristezza.
Mi sono reso conto che per decenni, se non secoli, ci siamo ossessionati a guardare altrove, a volgere lo sguardo verso l’esterno. Anch’io ho contribuito a rendere popolare l’idea che lo spazio fosse l’ultima frontiera.
Ma ho dovuto andare nello spazio per comprendere che la Terra è e resterà il nostro unico vero rifugio. E che, nel frattempo, l’abbiamo devastata senza sosta, rendendola sempre più inabitabile.»
---[William Shatner, 2022]