Il n’est point vrai que la liberté d’un homme soit limitée par celle de tous les autres. L’homme n’est réellement libre qu’autant que sa liberté, librement reconnue et représentée comme par un miroir par la conscience libre de tous les autres, trouve la confirmation de son extension à l’infini dans leur liberté. L’homme n’est vraiment libre que parmi les autres hommes également libres.
Bakunin
Qualche anno fa ho scoperto di avere una malattia che richiede il ricorso quotidiano a farmaci. Senza un certo farmaco, preso al mattino prima di qualsiasi altra cosa, la mia vita sarebbe un inferno. Poi è arrivata la pandemia ed ho scoperto che per molti italiani le case farmaceutiche sono il male, la scienza va guardata con sospetto e la tecnica è quella cosa brutta che diceva quel fascista di Heidegger. Temo che anche questo vada addebitato alla Chiesa cattolica. Quella che da bambino mi curava i reumatismi con la polverina di Santa Rita.
Su Internet Archive è possibile leggere e scaricare il mio _L'educazione è pace. Scritti per una pedagogia nonviolenta_:
Piccole perle raccogliendo storie di vita di anziani.
- Che scuola hai fatto? Che cosa ti ricordi?
- Ho fatto le scuole elementari di Monti fino alla 5 elementare. Mi ricordo che mi misero in punizione dietro la lavagna a sedere sui ceci o sui sassi perché avevo infilato la stilo nella mano della maestra per difendermi da uno scapaccione e dopo è entrato anche l’arcivescovo Virgilio.
- E che ti ha detto?
- Che mi doveva di’? M’ha detto bravo!
Ho chiuso ormai definitivamente il mio profilo Facebook. Curiosamente, è stato Facebook stesso ad aiutarmi, con un ban folle di un mese, che mi ha abituato a farne a meno.
Vi sono entrato due giorni fa per recuperare alcune cose. E dopo qualche mese di Mastodon, l'impressione è quella di una gran confusione: pubblicità, video indesiderati, paccottiglia ovunque.
In Italia succederebbero cose simili se si pensasse di dover improntare la didattica ai diktat delle famiglie.
https://mastodon.lawprofs.org/@marklemley/110073031760393219
L'ennesima commissione. Perché mica si può accettare che si sia suicidato.
E poi ci sono questi. Che non hanno da comunicare nulla. O meglio: hanno da comunicare il nulla che sono.
Rispondo a un post (https://noblogo.org/transit/dieci-righe-39-ma-stavolta-sono-molte-molte-di-piu) di @alda7069, ma anche a @onairaM e @concavi@mastodon.uno, a proposito delle azioni di Ultima Generazione. Sarò un po' lungo: è anche per questo che sono su Qoto.
## Prima questione: le manifestazioni
Scrive @alda7069 che resta ineludibile portare l'azione "sulle strade, tra la gente".
La nostra generazione ha dato a vita a quella che con ogni probabilità è stata la più grande manifestazione della storia. Il 15 febbraio 2003 110 milioni di persone sono scese in piazza in tutto il mondo per fermare la guerra in Iraq. Solo a Roma erano in piazza tre milioni di persone. La manifestazione più imponente della storia ha fallito. Sappiamo tutti come è andata.
Ne ho tratto l'insegnamento che il cambiamento non passa dalle piazze e dalle strade. Non necessariamente, almeno.
## Seconda questione: l'efficacia
Scrive ancora @alda7069: "Quindi, scendere personalmente sulle strade, compiere gesti anche fastidiosi agli occhi dei più resta la maniera per cui si può anche entrare sui Social con una forza che, spesso, slogan o lunghe discussioni scritte non hanno e che portano a meno attenzione."
Qui l'enfasi è sul fatto che gesti come quelli di Firenze non hanno causato danni reali, al di là dei cinquemila litri di acqua che sono stati sprecati per ripulire, e che poco si conciliano con qualsiasi impegno ecologico.
La nostra società dà una grande importanza all'arte. Si può discutere del fatto che molti degli indignati non hanno mai messo piede in un museo, ma che l'arte sia un valore condiviso mi sembra indiscutibile. Ora, aggredire una cosa che ha valore per molti, sia pure simbolicamente, sortisce l'effetto contrario. Non aiuti nessuno a riflettere aggredendo un'opera d'arte. Se l'obiettivo è ottenere visibilità a tutti i costi, allora va senz'altro bene. Se l'obiettivo è ottenere simpatia verso la causa, allora lo stai facendo male.
Scriveva Aldo Capitini ne _Le tecniche della nonviolenza_: "Il gruppo nonviolento, pur addestrandosi ad una campagna di lotta, compie all'intorno un servizio sociale rendendosi utile. E questo serve anzitutto a creare un ambiente di risonanza, un alone si simpatia, di consenso e anche di collaborazione, quando si alza l'appello per una lotta" (in _Scritti sulla nonviolenza_, Protagon, Perugia 1992, p. 305).
In questo caso invece, attraverso azioni simili, si crea per così dire un "alone di antipatia". La preoccupazione sembra quella di ottenere visibilità a tutti i costi, piuttosto che suscitare simpatia per la causa.
## Terza questione: Le alternative
Non ricordo chi mi chiedeva quali alternative proporrei. Il libro che ho citato di Capitini, benché datato, offre una panoramica ancora in gran parte valida delle tecniche nonviolente. La più valida, come mostra anche in questi giorni il caso Cospito, e come ha mostrato in passato la vicenda di Danilo Dolci, resta il digiuno.
Ma c'è un altro insegnamento che viene da Capitini, più profondo. Dopo la fine della guerra, mentre tutti si buttavano nei partiti, il padre della nonviolenza italiana creò i Centri di Orientamento Sociale. Luoghi in cui la gente si riuniva per discutere, confrontarsi e formarsi. Mi pare che la nonviolenza di Ultima Generazione si sia persa per strada questo aspetto fondamentale: il cambiamento nasce da persone che dialogano. I gesti eclatanti, se compresi, creano followers, se incompresi creano haters. Una autentica causa nonviolenta non ha bisogno né dei primi né dei secondi.
Direttore responsabile di "Educazione Aperta", scrivo quando capita anche su "MicroMega" e "Gli Asini". Ateo sbattezzato, buddhista theravada, anarchico. E nulla di tutto questo.
Vivo a Siena con Xho, nostro figlio Ermes e il cane Mirò Chomsky.