Di pubblico dominio

@informapirata
Ciao volevo chiederti se hai qualcosa da suggerirmi su questo spunto riflessivo...
Secondo me il problema del software libero in parte dipende da una visione individualistica del sua proprietà, non è trattato come una cosa di pubblico dominio, deve sempre riferirsi a qualcuno, è di tutti, ma solo uno alla volta.
Per farti capire meglio, mentre speculavo su questo, mi è capitato questo post dell'autore di Ariane sul GeminiSpace:
gemini://oppen.digital/memex/p
Il suo problema è cercare una licenza che tuteli il suo lavoro come di dominio pubblico e per questo tesse le lodi alle Creative Commons perché gli sembra che funzionino meglio in questo senso seppur non rivolte allo sviluppo di software.
Infine non so se ti ricordi il nome ma c'è un giovane avvocato italiano che ha scritto diversi libri sull'argomento ed è molto ferrato e sto cercando di risalire alle sue pubblicazioni.
Ciao! social.isurf.ca/display/c443a5

@informapirata Il preambolo della GPLv3 illustra bene le mie perplessità a riguardo:

To protect your rights, we need to prevent others from denying you these rights or asking you to surrender the rights. Therefore, you have certain responsibilities if you distribute copies of the software, or if you modify it: responsibilities to respect the freedom of others.

For example, if you distribute copies of such a program, whether gratis or for a fee, you must pass on to the recipients the same freedoms that you received. You must make sure that they, too, receive or can get the source code. And you must show them these terms so they know their rights.

Developers that use the GNU GPL protect your rights with two steps: (1) assert copyright on the software, and (2) offer you this License giving you legal permission to copy, distribute and/or modify it.

For the developers' and authors' protection, the GPL clearly explains that there is no warranty for this free software. For both users' and authors' sake, the GPL requires that modified versions be marked as changed, so that their problems will not be attributed erroneously to authors of previous versions.


www.gnu.org/licenses/gpl-3.0.e…

@daniel01 si tratta di questioni che possono essere affrontate correttamente solo integrando la conoscenza delle componenti tecniche con quella degli orientamenti giuridici. Provo a inoltrare la questione a chi si è già trovato a discutere di questi temi:
cc @eticadigitale @Shamar @quinta @diggita @mte90 nonché @paoloredaelli che almeno fino a un'ora fa mi sembrava interessato alla questione

@informapirata

Grazie per avermi menzionato.

Il tema su cui stai riflettendo @daniel01 è profondo e complesso sia da un punto di vista legale che tecnico (per le implicazioni che ha).

In generale il pubblico dominio è una cessione a chiunque passi dei diritti trasferibili dell'autore (certi diritti, in certi ordinamenti fra cui quello italiano, rimangono comunque inalienabili).

E un po' come buttare un gioiello nella spazzatura: chi lo trova ci può fare tutto ciò che vuole.

Tutte le licenze tipiche del software libero e del software open source (cose molto diverse, vedi medium.com/@giacomo_59737/what ) si basano sul diritto d'autore, tutelato da leggi nazionali e trattati internazionali.

Tali leggi, ad oggi, sono per lo più ispirate dalla egemonia culturale statunitense e dunque si fondano sull'individuo e trattano gli artefatti intellettuali come prodotti il cui unico fine è massimizzare i profitti.

Come conseguenza di questo quadro normativo, è difficile tutelare il software come un bene in comune della collettività.

Ogni comunità si fonda su un bene in comune E sulle regole che istituisce per proteggerlo sia dall'esterno (dagli estranei, diciamo... un insieme vuoto se la comunità di riferimento è l'umanità intera) che dall'egoismo dei propri membri.

Senza regole non c'è comunita (dal latino "cum munis", co-obbligati, obbligati insieme), per cui i copyleft come la GNU GPL cercano di stabilire regole efficaci perché il software donato alla collettività non venga privatizzato da qualcuno.

A volte ci riescono, altre volte no.

Personalmente cerco un copyleft più forte della AGPL per il mio software. Un candidato interessante è la licenza CAL opensource.org/licenses/CAL-1. ma penso si possa fare ancora di meglio.
@eticadigitale @quinta @diggita @mte90 @paoloredaelli

@Shamar @quinta @informapirata @diggita @eticadigitale @paoloredaelli @mte90 Ecco questo penso che sia il punto:

Tutte le licenze tipiche del software libero e del software open source (cose molto diverse, vedi medium.com/@giacomo_59737/what… ) si basano sul diritto d'autore, tutelato da leggi nazionali e trattati internazionali.


Non essendo un programmatore, la mia formazione è artistica (Accademia di Belle Arti), mi viene un po' difficile inquadrare un software con il diritto d'autore. Però capisco che nel contesto in cui si è sviluppato aveva senso.

Mi spiego meglio, vedo un software più come una macchina, ha i suoi caratteri distintivi, ha il suo design, la sua eleganza, spesso è prodotto da un team, ha constanti revisioni. Ma nessuno chiede i diritti d'autore per un auto, però si brevetta o si brevetta solo quello che è utile brevettare. Anche i software si brevettano, e negli US ti puoi addirittura brevettare le idee, quindi all'epoca RMS ha pensato che l'unico modo di tutelare il creatore/autore di software fossero i diritti d'autore. Senza contare che il concetto di bene pubblico è una cosa piuttosto aliena negli US, e ne parlo per esperienza, viene sempre prima il privato sul pubblico.

Ora il diritto d'autore ha senso solo nel proteggere gli interessi economici legati ad una opera perché io potrei plagiare in pieno Harry Potter, ambientarlo a Gubbio, cambiargli il nome in Pietro Calderone metterlo gratis sul Gopherspace e nessuno può dirmi o farmi niente, e nemmeno avanzare che ci voglio lucrare sopra (il riferimento a Gopher è intenzionale).

Non voglio togliere importanza al fatto che uno possa percepire il proprio codice come un'opera di valore, ma se si valuta il software come un prodotto allora nel campo del design contano i brevetti (siamo tutti contro i brevetti) se si valuta come un'opera alla stregua di opera letteraria o artistica mi sembra un po' una forzatura obbligata.

Immagina se applichiamo il metodo di sviluppo di un software (senza considerare open vs closed source) a un film. Oggi esce il mio film "Pierino contro Pietro Calderone", dopo sei mesi cambiamo una scena che si vedeva un microfono e cambiamo anche attori e lo chiamo "Pierino contro Caldereono.01". Dopo sei mesi gli cambio i titoli di inizio e di coda faccio la 0.2. L'anno successivo gli doppiamo i dialoghi perché master/slave è scortese e faccio la versione 1.1. E così andiamo avanti per altri dieci anni fino al vero secondo episodio. Come vedi è esilarante solo a pensarlo.

Più ci rimugino e più mi sembra sensato fare qualcosa che sia di dominio pubblico, qualcosa inquadrata anche per scopi come questo: publiccode.eu/

Penso che il primo muro da abbattere sia la reticenza dei programmatori stessi, io non ne vedo sminuita la paternità, o la proprietà intellettuale, con un'ipotetica licenza "di dominio pubblico" al contrario vedo il software maggiormente tutelato da ogni tipo di approccio predatorio.
@daniel01 @Shamar @quinta @eticadigitale @informapirata @paoloredaelli @mte90 @diggita Che il software sia considerato coperto da diritto d'autore non l'ha deciso chi ha creato il software libero, ma i legislatori che ad un certo punto si son trovati a dover categorizzare questa cosa nuova.

Concordo che con un quadro o una scultura c'entri poco, ma mi pare che si possano fare delle analogie abbastanza vicine con il testo di una ricetta di cucina¹ o con un manuale tecnico, e anche quelli sono coperti da diritto d'autore.

¹ attenzione, il testo, se non è banale, non la ricetta di per se, che invece non è considerata opera d'ingegno.

I brevetti sono arrivati dopo, piacciono tanto a chi ce li ha perché permettono di chiedere soldi in tanti casi, ma per il software non sono così tanto adeguati, per varie ragioni. E infatti quelle rare volte che si è finiti davvero in tribunale, non è così raro che i brevetti in questione siano stati invalidati.
@daniel01 @Shamar @quinta @eticadigitale @informapirata @paoloredaelli @mte90 @diggita Ah, e se si pensa all'analogia con il manuale tecnico, o in generale ad un libro di non-fiction, non è così assurda neanche l'idea di avere revisioni successive, anche se magari i tempi sono diversi.
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