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Shamar boosted
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Hoy un compañero de trabajo le ha puesto una transparencia en LaTeX a ChatGPT para ver si arreglaba una historia de numeración. El código sugerido eran el resto de texto de la presentación, que sólo había subido anteriormente a Overleaf de forma privada. Esto se suma a las evidencias de que ChatGPT se alimenta de repositorios privados de github.

Ahora mismo cualquier cosa en la nube de cualquier tipo es susceptible de haberse vendido a una IA generativa.

Para que lo tengáis en cuenta.

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Another interesting debug hint might obviously be the logs, that for the previous message show a

13:21:35 output message: sent to inbox https://toot.mirbsd.org/users/mirabilos/inbox (599 Unknown)

Maybe a #GoToSocial protocol issue?

CC: @mirabilos@toot.mirbsd.org @grunfink@comam.es @informapirata@mastodon.uno
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Fine, I think it's time to evoke @grunfink@comam.es

Apparently @mirabilos@toot.mirbsd.org (running #GoToSocial) cannot receive my posts (from #snac2) while I can read his own and despite we follow each other.

Also, snac isn't linking his account when I mention him (I suppose this could be a good debug hint).

@informapirata@mastodon.uno
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My new home is @giacomo

Please, follow me there!

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Oooooh, this by @Shamar is also good:

There is no "learning" in "artificial neural network"

[…]
Such kind of virtual machines are composed of tiny devices that are improperly named "artificial neurons" or "perceptrons", but they are simply vector reducers […]
Such vector reducers can be easily composed in a variety of topologies and programmed in a variety of ways, so that a whole "artificial neural network" can be statistically programmed ("trained", in AI/ML parlance) to approximate one of the possible translations from a vector space to a different one.
Yet, there is no "learning" ongoing: just the iterative tuning of parametric vectors to approximate a certain output. […]
[…] In other words, an "artificial neural network" does not learn anything and it's not a network of neurons or anything like that. It does not understand anything about the data and the output vectors has no inherent meaning: its semantic is always attributed by humans according to their insights about the statistical program they uploaded into the vector mapping machine.
[…]
That's why it's statistical programming: you start with a source dataset (improperly named "training set" in the AI/ML parlance) and, after a compilation process that is specifically designed for that specific virtual machine, you get a binary that such machine can run.
While such binary is not constituted by a sequence of instructions, it's still just an algorithmic transformation of the original source that, despite being expressed as cryptic matrices, still contains all the relevant features of the sources.
The software run by a vector mapping machine is not a "model", since it does not give any insight about the relations it absorbed during its statistical programming. Instead it is just a software like any other that describes a rigorous (if unknown) process that a specific machine has to follow to automatically and deterministically compute (or rather approximate) a desired output from a given input.

The quotes are from the essay published by the author under this licence (which is nōn-FOSS, but it’s still worth a read).

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"Mientras que la matemática pertenece al dominio de la mente humana y es comunicable, cualquier concepto que pertenece a la matemática es información. Como tal, también pertenece al campo de la informática.

Lo contrario no es cierto: los errores están muy presentes en la informática pero no se dejan ver en el mundo de las matemáticas.

Como consecuencia, las matemáticas son parte de la informática, y no al contrario.

Aunque esta afirmación puede parecer una herejía al principio, no debería sorprendernos demasiado. Podemos observar que la informática altera cada aspecto de la vida humana. Este fenómeno tiene una explicación sencilla: transforma la forma en la que la humanidad piensa colectivamente. La información pertenece al dominio de la mente humana y, al compartirse con otros miembros de la comunidad, construye la cultura de dicha comunidad. Después, la cultura vuelve a la mente de los nuevos miembros de la comunidad a modo de información en un bucle infinito."

— Giacomo Tesio, Ekaitz Zárraga: ¿Qué es la informática?, p. 21

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Satire is dead folks.

engadget.com/big-tech/roblox-d

"Many organizations – big and small – still lack access to basic safety resources, hindering innovation and putting users at risk." And enter Google and OpenAI to the rescue. Obviously.

Google and OpenAI are going to help YOU not put users at risk folks.

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The self-destruction of the OSI has no end.

“Get ready to vote for OSI’s board of directors in 2025. […] Please have a look at the Data Governance in Open Source AI […]”

Seems like only candidates who are in favour of their “OSAID” (badly named, as it violates Open Source standards) are even considerable anyway, and voters are directed with leading messages months in advance.

Oh well, they are in the USA after all.

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Demistificare e porre le domande giuste sono i due obiettivi di questa critica sistematica e multidisciplinare a ChatGPT, il più noto tra gli strumenti di intelligenza artificiale prepotentemente entrati nelle nostre vite. E se da un lato è necessario decostruire le narrazioni tecno-entusiaste che prospettano un avvenire radioso, dall’altro appare cruciale stimolare una riflessione più consapevole sul tipo di mondo che stiamo costruendo quando accogliamo – senza farci troppe domande – la rivoluzione tecnologica in atto.

Il 31 gennaio esce in libreria la nostra seconda novità dell'anno "Critica di ChatGPT" di Antonio Santangelo, Alberto Sissa, Maurizio Borghi.

scheda del libro:
eleuthera.it/scheda_libro.php?

leggi la prefazione:
eleuthera.it/files/materiali/S

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007: la spia che insegnava sarebbe soltanto un film.

Pare che la preoccupazione di @aisa sull'articolo 31 del #ddlsicurezza sia un "allarmismo ingiustificato".

Ma se fosse vero che l'articolo 31 del #ddlsicurezza non rende obbligatoria, per le università e gli enti di ricerca, la collaborazione con i servizi, perché introdurre una norma che non cambia nulla rispetto a quella vigente e ostinarsi a difenderla, magari evocando usanze non solo "statunitensi" ma "asiatiche"?

Anche Tomaso Montanari, che pure interpreta la norma in discussione in senso restrittivo, almeno per le università, suona bizzarramente allarmista, al punto di scomodare Orwell

Oggi ho discusso con gli studenti del problema della liceità del regicidio nella Metafisica dei costumi di Kant - tema di scottante attualità nell'ultimo decennio del XVIII secolo. Se gli studenti sapessero che io posso (o devo?) spiarli, che il mio rettore può (o deve?) farlo, ricerca e didattica diventerebbero più libere e sicure, o meno?

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ho costruito una cucina ikea


Incubo, l'occhio che tutto vede.

Ho costruito una cucina IKEA. Davvero, mai nessuno di voi l'ha fatto? Allora non potete dire di essere veri uomini, mi dispiace. Costruire una cucina IKEA è una catarsi interiore, una esperienza che si dovrebbe fare almeno una volta nella vita. È quel qualcosa che ti lascia un segno e ti rivaluta al senso dell'esistenza, ti fa credere in dio e nel diavolo, ti rende più uomo e nel contempo ti dona quella sensibilità che piace alle donne.

"Ho costruito una cucina IKEA", posso dirlo con fierezza.

Ci sono giorni in cui, stufi del padrone di casa e dell'umidità di quel "maledetto posto", per non citare le persone, si decide di cambiarla quella casa. Si cerca e si valuta e si trova alla fine, ma vuota (beh!, si paga meno di affitto.)

Manca la cucina soprattutto.

Allora IKEA, il sogno di tutti, specialmente delle donne. Un enorme carrozzone di cose a festa, roba giusta al prezzo giusto, roba di design, quel giusto-moderno-di-design-che-fa-tanto-design. IKEA e i suoi nomi assurdi, Ektorp, Beddinge, Billy. Gunghult, Gunghult? Mio Dio.
Quando ho chiesto al mio commercialista se avessi potuto scaricare la fattura, mi ha guardato sorridendo La fortuna di IKEA sono i nomi, tu pensi che il fisco vada a controllare?, si suicidano piuttosto, così la fattura della mia cucina è finita tra le altre della società (da dire comunque che abbiamo comprato cose anche per la società nel frattempo, siamo molto ligi alla legge, per questo lavoriamo e lavoriamo, ma siamo poveri, ma questa è un'altra storia).

Si entra da IKEA e i mobili sono montati, quello ti frega, sono montati.

Quella mi piace, quella no. il piano lo voglio a quattro fuochi, quello di lavoro grigio.

Intanto con la stupida matitina in mano e il fogliettino rigorosamente IKEA, si prendono appunti e si fa ora di pranzo, allora via al punto di ristoro IKEA, dove forniscono a modico prezzo, rigorosamente di design compreso il nome, panini improbabili di provenienza alterna (svedese?).

Se uno ci fa caso può anche notare un cartello che recita più o meno così: serviti da solo e ripulisci da solo, altrimenti noi saremo costretti ad assumere personale e di conseguenza dovremmo alzare i prezzi dei nostri meravigliosi prodotti, rigorosamente di design.

Ora questo sa un po' di minaccia e alla faccia dell'occupazione, mi sono sentito tentato di spiaccicare il loro panino dal nome impronunciabile su una vetrata. Ma poi ho pensato, chissà poi davvero come ragiona un uomo IKEA, l'IKEA-man, il supereroe delle idee idiote.

Si continua a cercare i pezzi, scoprendo con gioia che dell'accessorio per fare il buco per il rubinetto del lavello a una vasca e mezzo ne esistono tre esemplari, ma tutti all'IKEA di Milano. La mia IKEA di Roma, i buchi non li fa oppure si arrangia. Niente paura, l'uomo che ha una missione non si scoraggia, un ferramenta può fornirmi di adatta fresa di acciaio al tungsteno per bucare lamiere di cinque centimetri.

Il piano di lavoro, semplicemente integro, un tavolone lungo tre metri di truciolare laminato spesso quattro (cinque? ) centimetri, una cosa da culturisti allenati.

Controllata la lista e caricato il furgone.

Scaricato il furgone e controllata la lista.

La cosa bella dei mobili IKEA sono le istruzioni, vanno seguite alla lettera, pena il caos completo, ma comunque la pagina finale, dice che se proprio sei un idiota e non riesci a costruire i loro semplici prodotti rigorosamente di design puoi sempre chiamare l'assistenza per telefono, oppure coprirti di vergogna e chiamare un loro tecnico che nel più breve tempo possibile provvederà alla messa in opera.

Ora, le istruzioni vanno lette con attenzione e seguite allo stesso modo, ma le istruzioni si riferiscono al pacco in questione (ogni riferimento al "pacco" come fregatura è casuale) e non al rapporto di quel pacco con gli altri pacchi. Alla fine hai la casa inondata di pezzi la cui lunghezza va da tre metri a un millimetro e mezzo, tutti di materiali vari (ma perché una vite è di plastica e una di metallo? e perché alcune cose sono smontabili e altre irrimediabilmente saldate assieme?).

Hai anche una libreria di istruzioni, una enorme quantità di rotoli di Qumran da rimettere insieme, servirebbero le istruzioni delle istruzioni, con ovviamente il solito consiglio: se sei idiota chiama

Rinuncio a venirne a capo e attacco il primo pezzo di legno a noi due componente in truciolare laminato.

Un'altra cosa dei componibili IKEA sono le viti, sono sempre in numero esatto non una di più non una di meno, se ve ne manca una è colpa vostra, l'avete persa quindi cercatela. In questo frangente pensate come il tecnico IKEA potrebbe trattarvi nella famigerata telefonata.

Si pronto? IKEA, in che posso salvarvi?
Mi scusi sa, la chiamo perché non trovo una vite della cucina Faktum
Ha controllato bene? le ha contate tutte? ha scartato il pacco con ordine?
Ma si abbastanza. Le viti le ho contate, ma ne manca davvero una.
Signore, non vorrei contraddirla, ma sa questo non è possibile, ci sono "sempre" tutte, cerchi meglio

A questo punto probabilmente un uomo normale, mediamente virile, si metterebbe a piangere e raccolto in posizione fetale invocherebbe l'intervento dell'IKEA-man, il supereroe che tutto può.

Intanto uno scopre che ha montato prima un mobiletto che andava montato dopo.
Incocco la fresa sul mio trapano Bosch e mi accingo a forare il lavello. Riesco a bruciare la fresa al tungsteno, il lavello oppone strenua resistenza, allora mi dico che forse avrei potuto farmi comodamente settecento chilometri per andare all'IKEA di Milano per quel maledetto accessorio buca-lavelli, ma a un certo punto il metallo cede e il buco è fatto.

Manca il piano di lavoro.
Bisogna fare due buchi, uno per il lavello e uno per il piano cottura.

Con il trapano mi accingo al buco di entrata per il seghetto alternativo, la parte facile.
Ora, segare con un seghetto alternativo un piano di truciolare trattato e laminato dello spessore di quattro (cinque?) centimetri è cosa da Incredibile Hulk; anche il colore va bene. Il truciolare è verde, trattato come è con impregnanti anti-tutto e di indubbia cancerogenicità.

Non ho mai sentito tanto rumore, il seghetto alternativo pur discreto in qualità mi implorava di smettere, di graziarlo. Gemeva e urlava avanzando lentamente nella materia ostile.

Si rompe una lama, una e poi due. Poi mi tocca andare dal ferramenta.

Mi servono delle lame Bosch
Cosa deve fare?
Sto montando una cucina IKEA

Al che mi guarda con timore reverenziale e me ne regala un pacchetto. L'eco dell'in bocca al lupo si perde mentre chiudo la porta della ferramenta.

Il lavoro continua e uno si accorge che con tutte le viti che ti danno, non ti danno i tasselli a espansione per attaccare i pensili al muro. Forse è per non prendersi la responsabilità e se ti cascano sono cavoli tuoi. Allora per essere sicuro di poterli citare in giudizio un giorno, mi procuro tasselli che possono reggere me in piedi più un paio di elefanti. Se vengono giù sarà quindi colpa o del muro o del mobile. Qualcuno in giudizio ci porto, magari ingessato.

Acqua, fonte di vita e prosperità nel mondo. I rubinetti IKEA hanno il passo strano, mi guardo i tubi e qualcosa non torna, servono i raccordi. Vi siete mai dilettati di idraulica? È un dono, o lo si ha o non lo si ha, io non l'ho. I tubi mi perdono sempre non c'è verso e mi perdono quelli normali, figuratevi il tubo IKEA con il raccordo della ferramenta all'angolo.
I due materiali sono incompatibili: uno svedese che è alto e biondo con gli occhi azzurri, mentre l'altro, che viene da chissà dove e forse tappo e brutto, non si chiama neanche Alsvik.
Con quattro rotoli di teflon e un martello risolvo il problema.

Ho costruito una cucina IKEA, niente potrà più fermarmi adesso. [m:2007]
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