Non un'idea, ma una segnalazione: ciò di cui parla Elena ricorda molto i principi del #PermaComputing: https://permacomputing.net/Principles/
In italiano, karlessi (Marco Milani) parla di Tecnologie Conviviali: https://www.eleuthera.it/materiale.php?op=2699
Una definizione che però (a mio parere) non esprime interamente il concetto (contrariamente al permacomputing, che però non saprei come tradurre in italiano).
Il problema fondamentale di "web biologico" e "organic web" è che in realtà il web è fatto primariamente di elettroni/fotoni che si muovono (tipicamente oscillano) lungo cavi.
Mi rendo conto che questa descrizione riduttiva lo priva di qualunque poesia, ma è utile a comprendere perché "organic" e "biologico" sono difficilmente applicabili ad artefatti tecnologici.
Il rischio animista è sempre dietro l'angolo: definire (e dunque pensare) un artefatto elettromeccanico come "vivo" (biologico) è estremamente pericoloso, come lo è parlare di "intelligenza artificiale", "machine learning", "esseri tecnici" (per ricitare Carlo Milani) o "macchine cognitive" (per citare @enriconardelli)
Forse, bisognerebbe riflettere meglio sulle radici profonde dell'analogia: cosa accomuna ciò di cui parliamo al cibo biologico?
La cura?
Direi di no, perché il software BigTech è curatissimo.
La natura "locale" dei contenuti?
Forse.
Il fatto che non esista per causare dipendenza?
Forse.
Più domande che risposte... scusate. :-)