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@d10c4n3 @statussquatter @gubi se parli con me, non hai letto quello che ho scritto prima. Io sono sempre contrario al 41bis.

@d10c4n3 @gubi Il 41bis è stato applicato perché Cospito mandava dal carcere artici alla stampa anarchica. Resta ingiustificabile.

@gubi quello di Cospito è un gesto politico, non un atto di _abiezione individuale_, quasi si trattasse di uno scippo.

@gubi per amore della verità: Cospito solo per caso non ha ucciso dei carabinieri. La sua intenzione era fare una strage. Cospito è uno di quegli ingenui criminali che ritengono che ammazzare un carabiniere sia un gesto rivoluzionario. da anarchico, rappresenta per me tutto ciò che rigetto dell'anarchismo. Per il resto: il 41bis va abolito.

@statussquatter @sofista@mastodon.bida.im @kappazeta mi sa che confondi Marx con Topolino. Amen.

@statussquatter @sofista@mastodon.bida.im @kappazeta Ma cazzeggia pure. Non chiamare in ballo però Marx, che col cazzeggio non c'entra niente.

@statussquatter @sofista@mastodon.bida.im @kappazeta in quanto per Marx se non lavori diventi una bestia. È più chiaro ora?

@statussquatter @sofista@mastodon.bida.im @kappazeta bel film. In ogni caso, per le ragioni che ti dicevo, non è un film marxista.

@statussquatter @sofista@mastodon.bida.im @kappazeta Se avessi letto Marx, sapresti che per Marx, come per Hegel, il lavoro è parte essenziale della nostra umanità. Per cui "io non faccio nulla, il robot lavora per me" è alienazione pura.

@sofista@mastodon.bida.im @kappazeta nel comunismo lavori uguale. Anzi di più. Con in più il nazionalismo e la retorica.

@wildmandrake @philosophy Meditation (Vipassana and Samantha) developed in Buddhism, which contested the caste system from the beginning. In the 20th century, the Indian activist Ambedkar tried to convert the untouchables to Buddhism in order to free them from the caste system.

@simonperry però non è una cattedrale. È la loggia della mercanzia a Siena.

-2 gradi. Studentessa con la pancia di fuori. Non sono umani.

Un esempio di come in nome dell'arte si possa diffondere il brutto.

@Josephine@mastodon.uno Il punto è che i temi gli sfuggono di mano. Davvero non si capisce cosa voglia dire. Naturalmente può essere che non l'abbia capito io.

Una faina. La vita di una faina. Un romanzo sulla vita di una faina. E non un romanzo qualsiasi: un romanzo che ha vinto il Campiello.

Come si racconta la vita di una faina? Bisognerà provare ad _essere_ una faina. Chiedersi cos'è essere un animale. Qualcosa alla Uexküll, ma con in più il talento del narratore. Bello!

Questo pensavo, più o meno, apprestandomi alla lettura di _I miei stupidi intenti_ di Bernardo Zannoni (Sellerio, Palermo 2021), con le migliori aspettative: sia perché, appunto, ha vinto il Campiello, sia perché se ne dice un gran bene.

Mi trovo subito alle prese con una faina che si chiama Archy. Perché Archy? Sarà perché le faine vivono negli Stati Uniti? Ma no. Il loro habitat è europeo e mediorientale. La nostra faina avrebbe più realisticamente potuto chiamarsi Peppino. Ma soprattutto: che faina è una faina che ha un nome? Per giunta parla. E dorme in un letto. Gli animali di Zannoni hanno il comodino e la lampada, e quando occorre chiamano il medico: e dunque no, niente Uexkül. Nessuno sforzo di _essere una faina_. Ma nemmeno ci si muove in un mondo disneyano: la cosa diventa chiara oltre ogni possibilità di equivoco quando la mamma di Archy fa saltare un occhio alla sorella con una zampata.

Gli animali di Zannoni compiono gli atti più efferati con assoluta naturalezza, come si conviene a degli animali. E sarebbe pur interessante, la storia, se ritrasse un mondo umano ricondotto ai suoi primordiali istinti animali: la sopravvivenza, la conquista della femmina, la riproduzione. Ma ciò avrebbe richiesto rigore e metodo. E invece abbiamo una femmina di faina che, contro ogni saggezza animale, si innamora del protagonista, pur sapendolo fragile, perché gli sembra buono. Siamo, insomma, in un mondo di mezzo, che oscilla di continuo tra l'umano e l'animale, e che rende poco plausibile il dramma della volpe Solomon, figura pur interessante, che scopre in un solo colpo che esiste la morte, che esiste Dio e che esistono la Scrittura (la Bibbia) e la scrittura. Quattro cose umane, la cui conoscenza illude la vecchia volpe di essere in realtà un essere umano: come se non fosse già un essere umano mascherato da volpe. Che muore disperatamente, in pagine tra le più belle del libro, nudo d'ogni certezza. Inverando, della sua amata Bibbia, il solo libro di Qohelet.

La morte del protagonista invece, con cui il libro si conclude, è la parte meno riuscita del libro. E non solo perché fa strano questa vecchia faina che in un lago di sangue prende la penna, anzi l'aculeo del suo amico istrice Klaus (anche qui non si capisce bene perché il nome tedesco), per raccontare in diretta la sua fine, ma perché anche nel momento supremo la nostra faina resta indecisa: morire da animale, finalmente, o sperare che ci sia qualcosa, come un uomo?

Insomma: questi esseri usciti dalla fantasia di Zannoni non sono né animali né esseri umani e soffrono per questa l1oro condizione limbica, tentati ora dall'innocenza animale ora dall'immortalità che illude gli umani. E spiace, si simpatizza con loro, ma alla fine si resta un po' come Said dopo aver ascoltato la storia di Grumwalski ne _L'odio_ di Kassowitz: "Che ce l'ha raccontato a fare?'

@alda7069 Manzotti è uno di quelli per i quali _pensare_ vuol dire essere novax.

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