@ossimorosa Buddhamio.
@emama Pare Domenica In.
@alda7069 Ma quando fai attivismo non puoi colpevolizzare il ricevente. In questo caso, più che mail, la responsabilità dell'esito della comunicazione è dell'emittente.
@alda7069 @onairaM @concavi@mastodon.uno Ma io non sostengo che l'atto sa violento, e nemmeno che non si possa essere duri. Sono un anarchico.
Sostengo che se l'obiettivo è acquisire alla causa l'opinione pubblica, quello non è il modo migliore per raggiungerlo. Mi pare che Ultima Generazione confonda due cosa: arrivare alla gente e arrivare _bene_ alla gente.
Rispondo a un post (https://noblogo.org/transit/dieci-righe-39-ma-stavolta-sono-molte-molte-di-piu) di @alda7069, ma anche a @onairaM e @concavi@mastodon.uno, a proposito delle azioni di Ultima Generazione. Sarò un po' lungo: è anche per questo che sono su Qoto.
## Prima questione: le manifestazioni
Scrive @alda7069 che resta ineludibile portare l'azione "sulle strade, tra la gente".
La nostra generazione ha dato a vita a quella che con ogni probabilità è stata la più grande manifestazione della storia. Il 15 febbraio 2003 110 milioni di persone sono scese in piazza in tutto il mondo per fermare la guerra in Iraq. Solo a Roma erano in piazza tre milioni di persone. La manifestazione più imponente della storia ha fallito. Sappiamo tutti come è andata.
Ne ho tratto l'insegnamento che il cambiamento non passa dalle piazze e dalle strade. Non necessariamente, almeno.
## Seconda questione: l'efficacia
Scrive ancora @alda7069: "Quindi, scendere personalmente sulle strade, compiere gesti anche fastidiosi agli occhi dei più resta la maniera per cui si può anche entrare sui Social con una forza che, spesso, slogan o lunghe discussioni scritte non hanno e che portano a meno attenzione."
Qui l'enfasi è sul fatto che gesti come quelli di Firenze non hanno causato danni reali, al di là dei cinquemila litri di acqua che sono stati sprecati per ripulire, e che poco si conciliano con qualsiasi impegno ecologico.
La nostra società dà una grande importanza all'arte. Si può discutere del fatto che molti degli indignati non hanno mai messo piede in un museo, ma che l'arte sia un valore condiviso mi sembra indiscutibile. Ora, aggredire una cosa che ha valore per molti, sia pure simbolicamente, sortisce l'effetto contrario. Non aiuti nessuno a riflettere aggredendo un'opera d'arte. Se l'obiettivo è ottenere visibilità a tutti i costi, allora va senz'altro bene. Se l'obiettivo è ottenere simpatia verso la causa, allora lo stai facendo male.
Scriveva Aldo Capitini ne _Le tecniche della nonviolenza_: "Il gruppo nonviolento, pur addestrandosi ad una campagna di lotta, compie all'intorno un servizio sociale rendendosi utile. E questo serve anzitutto a creare un ambiente di risonanza, un alone si simpatia, di consenso e anche di collaborazione, quando si alza l'appello per una lotta" (in _Scritti sulla nonviolenza_, Protagon, Perugia 1992, p. 305).
In questo caso invece, attraverso azioni simili, si crea per così dire un "alone di antipatia". La preoccupazione sembra quella di ottenere visibilità a tutti i costi, piuttosto che suscitare simpatia per la causa.
## Terza questione: Le alternative
Non ricordo chi mi chiedeva quali alternative proporrei. Il libro che ho citato di Capitini, benché datato, offre una panoramica ancora in gran parte valida delle tecniche nonviolente. La più valida, come mostra anche in questi giorni il caso Cospito, e come ha mostrato in passato la vicenda di Danilo Dolci, resta il digiuno.
Ma c'è un altro insegnamento che viene da Capitini, più profondo. Dopo la fine della guerra, mentre tutti si buttavano nei partiti, il padre della nonviolenza italiana creò i Centri di Orientamento Sociale. Luoghi in cui la gente si riuniva per discutere, confrontarsi e formarsi. Mi pare che la nonviolenza di Ultima Generazione si sia persa per strada questo aspetto fondamentale: il cambiamento nasce da persone che dialogano. I gesti eclatanti, se compresi, creano followers, se incompresi creano haters. Una autentica causa nonviolenta non ha bisogno né dei primi né dei secondi.
@concavi@mastodon.uno
- No, niente affatto. C'è una vasta scelta di azioni alternative ed efficaci.
- Quando si è attivisti occorre sempre considerare gli effetti, naturalmente. E su questo sono un po' cinico. Anni fa mi ritrovai a fare volantinaggio a Pasqua davanti a una chiesa. Il volantino diceva che è uno schifo uccidere agnelli, o qualcosa di simile. I volantini andavano dati illustrandoli. E l'effetto era esattamente l'opposto di quello desiderato: la gente si sentiva offesa, tutt'altro che disposta a prendere in considerazione una scelta come quella del vegetarianesimo/veganesimo.
- Poiché ho qualche esperienza di attivismo e gruppi, mi permetto anche una considerazione un po' triste. I gruppi e i movimenti nascono per difendere una causa, ma dopo un po' - spesso abbastanza presto - in primo piano viene il gruppo stesso. La notorietà, il successo del gruppo o del movimento fanno aggio sulla causa stessa.
@concavi@mastodon.uno Vediamo.
Tesi A: È giusta _qualsiasi_ prassi, se il fine è giusto.
Obiezione: Quel _qualsiasi_ potrebbe includere anche l'omicidio o il sequestro di persona, azioni eclatanti che evidentemente attirerebbero l'attenzione di tutti. Ma a) l'azione in sé sarebbe immorale, b) potrebbe sortire effetti opposti a quelli desiderati.
Tesi B: Anche se non tutte le prassi sono accettabili, quale che sia il fine, molte prassi, anche illegali, sono accettabili se il fine è giusto.
In questo caso si tratta di stabilire se imbrattare dei monumenti possa rientrare in una di queste prassi. Le obiezioni sono:
a) Anche se non finalizzate a danneggiare le opere, tali azioni possono di fatto creare danni. Ad esempio alle cornici, che sono spesso di grande valore.
b) Azioni simili possono offendere la sensibilità di chi considera dotate di valore assoluto le opere d'arte.
c) Azioni simili impediscono comunque la momentanea fruizione di opere d'arte.
Ma la questione può essere considerata anche in un'ottica di etica della responsabilità. Quali effetti produce una simile prassi? L'idea è quella di sensibilizzare. Ora, consideriamo le persone che si sono trovate in piazza della Signoria. Possiamo farle rientrare in due categorie:
1) Persone già sensibili al tema. Sono molte, e non hanno bisogno di simili gesti per comprendere l'urgenza del problema.
2) Persone non sensibili al tema. Si ritiene davvero che una simile azione possa rendere sensibili persone che non lo sono? È molto più probabile che accada il contrario: che persone poco o per nulla sensibili al tema si sentano rafforzate nella loro posizione, associando quella causa al vandalismo, o comunque bollandola come estremistica.
@alda7069 Da un punto di vista sociologico, non è affatto pacifico che stare sui social equivalga a stare buoni. La società è il risultato delle cose che le persone si dicono, del discorso comune che costruiscono. E oggi il discorso comune si costruisce anche, se non in modo prevalente, sui social.
Mettiamo un attimo da parte la causa di Ultima Generazione. Di fatto, con queste azioni, legittimano una pratica. La quale o sarà inefficace, e dunque fallimentare, o sarà efficace. E se sarà efficace, sarà emulata da altri. E questo vuol dire che ci troveremo, ad esempio, i no-vax che tingeranno di rosso piazza del Campo, e così via. Non sono sicuro che sia una cosa buona.
Direttore responsabile di "Educazione Aperta", scrivo quando capita anche su "MicroMega" e "Gli Asini". Ateo sbattezzato, buddhista theravada, anarchico. E nulla di tutto questo.
Vivo a Siena con Xho, nostro figlio Ermes e il cane Mirò Chomsky.