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Non amo Dante, e perciò non mi straccerò le vesti perché un tale lo ha definito di destra. Certo è un azzardo usare con un autore vissuto sul finire del Medioevo categorie come destra e sinistra. Ma non è una cosa del tutto arbitraria. Non si può negare che una visione verticale e gerarchica della società sia di destra, ad esempio: e dunque si potrà dire che sì, Platone è più a destra di Democrito.
Ma cosa è destra oggi in Italia? Se si cerca un autore fondamentale della nuova destra italiana (e non solo), bisogna guardare a René Guénon. Il fascismo attuale è nella sua essenza antimoderno e tendenzialmente esoterico. E Guénon ha scritto, tra le altre sue infinite merdate, un saggio sull'esoterismo di Dante. Di cui dev'essersi ricordato il povero signor nulla espettorando la sua chiacchiera.

Cinque ragioni per le quali non ho mai amato De Andrè.

1. È stato un musicista mediocre. Dal punto di vista strettamente musicale un Lucio Dalla era infinitamente più avanti di lui. Per avere una versione ascoltabile delle sue canzoni migliori c'è stato bisogno della PFM.

2. Ha copiato a man bassa, da Leonard Cohen a Brassens. In Italia è sembrato originale perché l'Italia è il paese in cui Elvis può sembrare uno che imita Little Tony.

3. La sua visione del mondo ipersemplificata - di qui i poveri, gli umili e gli esclusi, di là i borghesi - è superficiale, e dunque volgare.

4. Il suo essere antiborghese è un equivoco. Perché stereotipata e sentimentale, la sua visione della società è interamente borghese. Non a caso i proletari non lo hanno mai ascoltato. L'ascolto di De Andrè era, dalle mie parti, un test infallibile di provenienza borghese. Non c'è opposizione autentica alla borghesia che non parta dal riconoscimento della sua grandezza e del suo straordinario ruolo storico - a partire da Marx ed Engels. De Andrè serve ai piccolo borghesi per sentirsi romanticamente un po' proletari.

5. La maggior parte delle sue canzoni sono semplicemente di una noia mortale.

All'ultimo Collegio dei docenti della mia scuola si è discusso della possibilità di incontrare il ministro Valditara. Di seguito la motivazione del mio voto contrario.
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A scuola si possono invitare molte persone. Anche persone controverse. Mi piacerebbe molto, ad esempio, invitare Renato Curcio, che è oggi una delle persone più qualificate in Italia per parlare di carcere. Se lo facessi, la nostra scuola finirebbe sui giornali, anche se Curcio è un cittadino libero che ha pagato il suo debito con la giustizia: e anche se la Costituzione afferma che il fine della pena è la riabilitazione del reo.

Si invita a scuola chi ha qualcosa da dire, qualche risposta da dare alle nostre domande. Ora: quale è la domanda, nel caso di Valditara? Perché lo invitiamo? Mi pare di capire che non vi sia nessuna domanda. Se volessimo parlare di scuola vi sarebbero mille persone più qualificate di Valditara, che con ogni evidenza non ha nessuna competenza pedagogica.

La ragione per la quale lo invitiamo è un’altra. Lo invitiamo perché è ministro. Ed essere ministro, in Italia, non vuol dire essere una persona al servizio della collettività, ma essere una persona che ha un gran potere e un gran prestigio, e questo indipendentemente dalle qualità personali. Un potere e un prestigio che si riflettono su chiunque entri in contatto con quella persona.

Dunque inviteremmo Valditara per godere un po’ della luce del suo potere e del suo prestigio. Ma questa è una stronzata che va contro tutto quello che facciamo o dovremmo fare a scuola. Cerchiamo di educare a percepire l’importanza della cultura, della bellezza, del dialogo. Non ad andare in fibrillazione perché arriva a scuola qualcuno dei sacri rappresentanti del Potere, di fronte ai quali occorre scappellarsi.

_Kaasher natati et-lebi lada’at hokmah welirot etha’inian asher na’asah ‘al-ha-aretz ki gam baiom ubalailah shenah be’enav roeh. Weroiti et-kol-ma’asah haelohim ki lo iukol haadam limzo et-hamahaseh asher lasah tahat-hashemesh beshel asher ‘ahamol haadam lebaqesh welo imza wegam im iomer hehokam lada’at lo iukol limzo._

Mi son dannato l’anima a cercare
conoscenza, saggezza, il senso ultimo
di tutto questo affare sulla terra
che ci toglie il riposo notte e giorno.
Ed ho visto che le opere di Dio
tutto quello che accade sotto il sole
l’uomo non può comprenderlo: e chi dice
d’esser sapiente ed afferrare il mondo
più degli altri è smarrito ed impotente.

_Qohelet_, 8, 16-17. Traduzione mia.

Sto guardando il _Pinocchio_ di Guillermo del Toro in inglese. Fa un certo effetto sentirlo pronunciare _Penocchio_. Che era un porno italiano di qualche anno fa.

Nello stabilimento #Amazon di Colorado Springs, un uomo muore d'infarto durante il turno di lavoro e la direzione decide di coprire il cadavere con dei cartoni e occultare l'accaduto per evitare che gli/le addett* del turno successivo si fermassero.
Quest* ultim* sapranno di aver lavorato con il corpo del collega deceduto a pochi metri soltanto parecchi giorni dopo.

#AmazonCrime

theguardian.com/technology/202

Un collega mi saluta. Vorrebbe chiacchierare. Devo scegliere tra lui e Debussy in cuffia. Vince Debussy.

Laura Boldrini ha su Mastodon più di quattrocento seguaci. Lei segue solo sette persone. Non credo che abbia capito bene come funziona Mastodon. In un mondo ideale, non avrebbe capito nemmeno come funziona la politica.

Ieri si parlava in prima dell'inopportunità di mettere le proprie foto - e maggior ragione le foto dei minori - in rete. Che differenza c'è - diceva una studentessa - tra il vedere qualcuno per strada e il vederlo in una foto su Internet? Ho mostrato loro una foto di Francesca Brancati. Che un giorno si è trovata ad essere additata sui giornali come un mostro. Lei e la sua fidanzata, dicevano i titoli, avevano ucciso un bambino di quattro anni. Nulla del genere, in realtà. I giornalisti non avevano foto per illustrare la notizia. Hanno cercato su Google la foto di una lesbica qualsiasi. E dal momento che Francesca Brancati è un'attivista LGBT, hanno trovato la sua foto. E l'hanno usata in quel modo criminale.

L'uscita più disastrosa della mia vita è stata con una ragazza che lavorava alla selezione del personale di una grossa fabbrica della zona. Pensando d'essere simpatica esordì raccontandomi un colloquio che aveva fatto quella mattina. Aveva chiesto a una candidata se aveva intenzione di avere figli. E lei aveva osato rispondere di sì. "Capisci? ha detto sì. Con sfacciataggine! Che si aspettava, che l'assumessimo?"

Per un po' sono stato in dubbio. Una parte di me diceva che una ragazza così dolce e carina non poteva aver davvero fatto una cosa simile; doveva esserci un'interpretazione, tipo la Bibbia che dice una cosa ma in realtà ne vuole dire un'altra. Un'altra parte di me era per il vaffanculo immediato ed ultimativo. Una terza parte se ne uscì così: "Ormai ci siamo, cerchiamo di divertirci". E la spuntò.

Ci divertimmo, dunque. Per tutta la serata le esposi nella forma più estrema le mia idee politiche, parlandole delle diverse correnti dell'anarchismo, della differenza tra Federazione Anarchica Italiana e Federazione Anarchica Informale e dell'anarcosindacalismo: e assistendo al suo commovente tentativo di mantenersi carina e impassibile mentre nella sua testa c'erano una voce che le diceva di scappare, un'altra che esigeva l'immediata denuncia ai carabinieri e una terza, più saggia, che consigliava la chiamata a fine serata, al sicuro a casa, che non si sa mai.

La seconda uscita più disastrosa della mia vita è stata con una poverina che si presentò piangendo. "Buonasera", le dissi. E una voce dentro di me diceva: "Che n'atə cazzə də guəjə" (in che cazzo di guaio mi sono cacciato). Pianse per tutta la serata. Fluviale. Inconsolabile. Era successo che il suo ex s'era sposato. Una tragedia di proporzioni cosmiche.

La terza uscita più disastrosa è stata con una delle più belle donne che la generosa terra pugliese abbia prodotto. Un’artista raffinata, sensibile eccetera. Che diede il tono alla serata parcheggiando nel posto riservato ai disabili. Poi mi portò a visitare un museo. La vidi confabulare in biglietteria: era riuscita ad avere i biglietti gratis dicendo di essere nonsobenechiocosa. Usciti, mi parlò a lungo della sua visione del mondo, portandomi con mano tra Gurdjeff e Guenon, tra il Re del mondo e Kaspar Hauser. Concluse con un “Almirante è stato un grande uomo” che ebbe su di me lo stesso effetto di uno shottino di olio di ricino.

La quarta uscita più disastrosa della mia vita è stata con Miss Gossip. Una di quelle uscite che ti raccomandano gli amici che ti vedono solo da troppo tempo e ti vedo triste dai fai qualcosa per tornare a sorridere. E torniamo a sorridere. Si parla del più e del meno. E appena si tocca il più - che per me vuol dire qualcosa che richieda un minimo di lavorio dei neuroni - la figliuola esige il meno. E lo invoca con una simpatica esclamazione: “Gossiiiiip?”. E insomma, ha praticamente passato tutta la serata a ripetere: “Gossip?”. Parlo di filosofia. “Gossip?” Dai, ci sta, poverina. Proviamo con la politica. “Gossip?”. Niente. Libri? “Goooossiiiiiiip?”. Kitemmurt. Alla fine la portai in pizzeria e le spiegai che per me è molto importante non parlare mentre si mangia, sia per educazione che per digestione. E mangiai molto lentamente.

Fascists are recognized by cowardice: they never lead the coup d'état of their followers. Neither was Mussolini leading the march on Rome. He was ready to flee to Switzerland if things went bad.

Tra i miei primi ricordi. Sono in un letto d'ospedale. La mia mano sinistra comincia a formicolare. Poi si apre. Smette di appartenermi e diventa una cosa del mondo; ma non una cosa qualsiasi: nella mia mano il mondo si manifesta come un tutto. Le cose entrano nella mia mano, si gettano in essa come nella loro origine; e dalla mia mano il mondo a sua volta è partorito. Queste sono parole, e dunque qualcosa di superficiale e inadeguato; si soffermano al margine di ciò che appartiene a una diversa dimensione.

Siamo convinti, in fondo, che il _senso_ del mondo debba esprimersi attraverso la parola. Che si tratti di elaborare una _teoria_: qualcosa che abbia a che fare col vedere e col dire, in bell'ordine, quello che si è visto. Di creare una architettura del mondo in cui collocare noi stessi. Ma l'essenza non è né nella parola né nella vista. Più che di teoria, si tratta di estesia. E, più a fondo, di anestesia.

Among my earliest memories. I am in a hospital bed. My left hand begins to tingle. Then it opens. It stops belonging to me and becomes a thing of the world; but not just any thing: in my hand the world manifests itself as a whole. Things enter my hand, are thrown into it as in their origin; and from my hand the world in turn is given birth. These are words, and therefore something superficial and inadequate; they linger at the margin of what belongs to a different dimension.

We are convinced, after all, that the meaning of the world must be expressed through words. That it is to work out a theory: something to do with seeing and saying, in good order, what has been seen. Of creating an architecture of the world in which to place ourselves. But the essence is neither in the word nor in the sight. More than theory, it is about esthesia. And, deeper, of anesthesia.

> Ribadiamo la nostra condanna irrevocabile e senza ambiguità del regime putiniano...

Seguono affermazioni che rendono revocabile e ambigua la condanna del regime putiniano.

Carlo Gubitosa :nonviolenza:  
il concetto dell'integrità o della "difesa" territoriale di uno Stato o di una qualunque entità che aspira ad esserlo non ci appartiene perché, ass...

To be tired of the world is much. To be tired of oneself is very much. To be tired of God is everything.

Non considero Edoardo Acotto uno stupido né un filosofo impreparato, anche se su diverse cose la penso diversamente da lui. Ma nel volume dedicato all'_Essere_ nella collana _Le parole della filosofia_ del _Corriere della Sera_ scrive sul buddhismo una bestialità assoluta:

>il vuoto del Nirvana non è il nulla ma una sorta di Essere infinitamente rarefatto e svuotato di tutti gli enti (p. 31).

È un buon esempio -- ma ve ne sono infiniti altri: non ultimo _Karman_ di Agamben -- delle imbarazzanti approssimazioni dei filosofi italiani quando si azzardano a sporgere il naso oltre la filosofia occidentale.

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