La parola 'dossier ' ha origini francesi, indica un fascicolo nel quale sono raccolti documenti su un argomento specifico. Il termine è legato al sostantivo 'dos' (dorso), per via delle etichette poste sul dorso della cartella che raccoglieva i documenti. In seguito all'affare Dreyfus, verso la fine dell'800 il termine entrò nell'uso comune anche in italia.
L'affare Dreyfus è un noto caso di presunto spionaggio in Francia conclusosi con la ingiusta persecuzione dell'ufficiale di origine ebraica Alfred Dreyfus accusato con prove, poi rivelatesi false, di spionaggio a favore della Germania.
m.youtube.com/watch?v=Hd6eRZJv

Oggi il dossier si riferisce in modo generico a una raccolta sistematica di informazioni, spesso utilizzata in ambito legale o investigativo.
La stessa 'schedatura' di polizia, senza controlli, più tardi rese possibile in tutta Europa l'individuazione di oppositori politici e lo sterminio della popolazione ebraica rastrellata con strumenti investigativi "deviati", cioè utilizzati per fini non di contrasto funzionale alla criminalità ma per criminalizzare individui o interi gruppi. Tra questi anche omosessuali, disabili e il popolo Rom.
"La verità è in marcia" proclamava Emile Zola nel suo intervento di accusa. Per la prima volta un intellettuale europeo si schierava contro i poteri forti.

Quando sui muri di una città risuonano le parole dell'incipit di un film come "L'odio" (La Haine, di Mathieu Kassovitz), le cose non piegano bene, ma proprio per niente.

inv.nadeko.net/watch?v=wiJaB2Y

Quando sento invocare la "sicurezza nazionale" mi vengono sempre i brividi. In nome della "sicurezza nazionale" in questo Paese, come in altri, sono stati commessi crimini e abusi di ogni tipo. Quando poi l'invocazione è fatta da persone con un disturbo narcisistico e tendenze ossessive, passano i brividi e inizia a montare un certo sentimento ribelle.

Foto bellissima, per la semplicità e autenticità dell'istante che è riuscita a fermare.
---[foto credit: Eduard Swoboda]

«Ho detto alla mia anima di stare ferma,
di stare ad aspettare senza sperare.
Perché sperare sarebbe sperare la cosa sbagliata;
Di stare ad aspettare senza amore.
Perché l’amore sarebbe amore per la cosa sbagliata;
Resta ancora la fede.
Ma fede e amore e speranza sono tutte nell’attesa.
Aspetta senza pensare,
perché non sei pronto per pensare.
E allora l’oscurità sarà luce,
e l’immobilità danza.»
---[T. S. Eliot, Attesa]

La montagna d'inverno è luogo magico. Un incantesimo pronunciato nelle nebbie d'autunno e disciolto nel sole della primavera.

Erwin Schrödinger felice di constatare che il gatto è vivo 🙂

«Le leggende da smontare sono tante. Se tuttavia volessimo individuare la contraddizione che davvero sconfessa la buona novella della portata rivoluzionaria della razionalità digitale, dovremmo guardare al malessere che si agita all’interno della Rete. Un malessere che ogni giorno si manifesta in modo sconcertante: ludopatie, bullismo on line, misoginia, xenofobia, radicalizzazione religiosa, polarizzazione delle opinioni, violenza. Di fronte a queste miserie lʼintelligenza collettiva si mostra oggi per quel che è: non unʼutopia, ma pura propaganda. Propaganda di un ristretto numero di aziende informatiche che accumula ricchezze gigantesche attraverso il sostegno e il tornaconto politico di altri poteri. La lettura del presente attraverso la lente patinata del progresso tecnologico maschera una cruda realtà: sfruttamento, disgregazione sociale, precarietà esistenziale, solitudine, perdita di punti di riferimento, frustrazione. In termini più brutali: il vuoto interno ed esterno al soggetto.»

---[Pablo Calzeroni, Narcisismo Digitale, Mimesis Ed.]

Ma il progetto ... è morto?
Chiedo per un amico 🙄

Incontrare l'altro e accoglierlo, senza spiegarlo, come generatore di una dimensione di realtà unica e irripetibile. È una delle più belle esperienze d'amore che possiamo vivere.

Robert Musil è riuscito a descrivere questa esperienza con lucida bellezza nel brano "Percezioni finissime":

«Sono andato a letto più presto del solito; mi sento un po' raffreddato, forse ho anche la febbre. Contemplo il soffitto, o forse la tenda rossiccia che incornicia la finestra a balcone della mia camera d'albergo: difficile distinguere.
Avevo appena finito, quando anche tu hai incominciato a spogliarti. Aspetto. Sto soltanto in ascolto.
Passi incomprensibili, in lungo e in largo; da questa parte della camera, dall'altra. Ti avvicini per posare qualcosa sul letto; non lo vedo, chi sa che cosa sarà? Intanto tu apri l'armadio, vi metti o ne tiri fuori non so che; sento che lo richiudi. Deponi sul tavolo oggetti duri e pesanti; altri sul marmo del cassettone. Non ti fermi un momento. Poi riconosco il fruscio familiare dei capelli che si sciolgono e che vengono spazzolati. Poi lo scrosciare dell'acqua nella catinella. Prima avevo già udito che ti spogliavi dei vestiti, ora di nuovo: non si può concepire quanta roba hai indosso. Adesso ti sei sfilata le scarpe. Ma ecco che le calze vanno avanti e indietro sul tappeto morbido, come le scarpe poco fa. Versi acqua nel bicchiere, tre, quattro volte di seguito, non mi so spiegare perché. Da molto tempo la mia fantasia ha smesso d'immaginare tutto l'immaginabile, mentre tu evidentemente trovi sempre qualche altra cosa da fare. Ti sento infilare la camicia da notte. Ma siamo ancora lontani dalla fine. Ci sono cento faccende da sbrigare. So che ti spicci per riguardo a me; dunque si vede che tutto è necessario, che fa parte del tuo Io più profondo e come il muto affaccendarsi degli animali il tuo movimento non s'arresta dal mattino alla sera; con piccoli gesti incoscienti e innumerevoli, di cui non sai renderti conto, tu t'immergi in un vasto spazio dove nemmeno un soffio di me stesso t'ha mai raggiunta.
Lo sento per caso, perché ho la febbre e ti aspetto.»

---[Robert Musil, Pagine postume pubblicate in vita, Einaudi]

Anche per quest'anno abbiamo terminato la raccolta delle olive, tre giorni di festa. Un buon raccolto, 12 quintali, ma la resa è stata piuttosto bassa, poco più di sette litri al quintale. Le piante hanno risentito della siccità estiva.

«[...] la terra è soprattutto solido appoggio e fondamento per qualsiasi movimento, sia esso il nostro o quello delle altre cose. Essa è l’appoggio universale, e perciò anche il prototipo di quanto è massa, corpo, materia, è “il corpo universale” di cui tutte le cose sono in un certo senso le componenti; ne è prova il fatto che esse non sono indipendenti, ma si formano e si estinguono. Questo aspetto della terra come portatrice e referente di ogni movimento e rapporto lascia poi trapelare il fatto che la terra è potenza. La potenza è più di una forza che si manifesta occasionalmente; la potenza è qualcosa che agisce senza sosta, esercitando il “dominio” su quello che è il suo regno. La terra domina sugli elementi e sulle cose, viventi e non. Nei viventi tale dominio si manifesta in ogni loro movimento; l'orizontale della terra domina nella verticale della vita.
Ma non è tutto: nell’ambito della vita, il dominio della terra è anche dominio sulla vita e sulla morte. Perché la terra non è soltanto terra-appoggio: oltre che portatrice essa è nutrice [...]
Tuttavia, la terra non è l’unico referente del movimento vitale, e non lo è in virtù della sua stessa essenza... Esiste un altro referente, nel cui caso la lontananza è insita nella sua sostanza, un referente impalpabile, impercettibile al tocco corporeo nonostante la sua presenza si manifesti in modo immediato. A tale referente appartiene tutto ciò che nella sostanza è intangibile: il cielo, la luce e il buio, le luci e i “corpi” celesti, tutto ciò che racchiude il nostro orizzonte senza chiuderlo, ciò che dà all’esteriorità la forma di un’interiorità da cui siamo costantemente circondati.
Come la terra è innanzitutto colei che ci dona ogni “dove”, il cielo è innanzitutto colui che ci dona il “quando” alternando la notte e il dì, la luce e il buio in tutti i loro cicli, avventi e transizioni. Al tempo stesso, è il cielo a donarci anche ogni chiarezza, ogni coscienza di ciò che è vicino, in rapporto sostanziale con ciò che è lontano: sotto la sua luce anche la terra si tinge di colori che rivelano le cose nella loro sostanza, non soltanto in vicinanza, ma anche in lontananza.»
---[Jan Patočka, Il mondo naturale e la fenomenologia (Mimesis), pag. 62-65]

[foto: Prati di Tivo, Abruzzo. Tornando a valle dopo una giornata di magnifiche scalate sulle pareti del versante nord del Corno Piccolo - Gran Sasso d'Italia]

«Il linguaggio è e sarà sempre un territorio occupato. Ho l’impressione di esservi stata legata sin dal giorno della mia nascita. Solo il linguaggio può fare in modo che tu appartenga a un luogo, che non ti perda. È un sostrato in grado di nutrire. Sembra che risieda nella testa, che scenda alla bocca e si fonda sulle labbra quando parli. Tuttavia il linguaggio è dappertutto, occupa le cellule piú solitarie e le muove verso luoghi incomprensibili. Ti incoraggia e ti fa ammalare, disorienta il tuo istinto animale, ti dà umanità. Sentirti intensamente umana è l’emozione piú accomodante, ma può essere anche la piú tirannica.»
---[Eva Baltasar, Boulder]

«All’apice del suo potere, l’azienda fotografica Kodak impiegava più di 140mila persone e valeva 28 miliardi di dollari. Inventarono persino la prima macchina fotografica digitale. Ma oggi Kodak è fallita, e il nuovo protagonista della fotografia digitale è diventato Instagram. Quando Instagram è stato venduto a Facebook per un miliardo di dollari, nel 2012, impiegava solo tredici persone.
Dove sono spariti tutti quei posti di lavoro? E che cosa è successo alla ricchezza creata da tutti quegli impieghi della classe media? [...]
Instagram non vale un miliardo di dollari perché quei tredici lavoratori sono straordinari. Il suo valore nasce invece dai milioni di utenti che contribuiscono al network senza essere pagati. Per generare un valore significativo, le reti sociali hanno bisogno che moltissimi individui vi partecipino. Ma, quando ciò accade, solo un ristretto gruppo di persone viene pagato. Il risultato è di centralizzare la ricchezza e limitare la crescita economica nel suo complesso.
Invece di espandere l’economia creando più valore quantificabile, l’ascesa delle reti digitali sta arricchendo una minoranza relativa, spostando il valore creato dai molti al di fuori della contabilità.»
---[Jaron Lanier, La dignità ai tempi di internet]

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