Personalmente preferisco i settori e le montagne più isolate e selvagge, con poche persone in giro, quelle dove puoi scalare a “rutto libero”, ma se proprio vi piacciono le falesie stile spiaggia a Riccione in agosto…

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Nel saggio, appena pubblicato dagli Editori Laterza e dal Club alpino italiano, l’autore riscrive la storia dell’alpinismo, mettendo al centro quelli che ritiene essere i veri protagonisti, finora dimenticati, della frequentazione dell’alta montagna: gli abitanti delle Alpi

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“Sono tre, Bianca, Tiziana, Riccarda. Tre donne che hanno amato e amano le montagne. Alpi, e più lontano. Sono donne solitarie e in cordata, figlie uniche del proprio sogno e sorelle perché il potere femminile è anche scalare insieme. Bianca Di Beaco, Tiziana Weiss, Riccarda de Eccher sono tre scalatrici, due generazioni e una città, Trieste. Forse perché sul mare e porto di un impero, Trieste è una città dove le donne sono state più libere che altrove. E questa libertà nasceva anche da un modo diverso di vedere il corpo. Era una bellezza moderna, in movimento, agile, sana, all’aria aperta. L’etica della ginnastica.”

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Mattia Zurbriggen: luci e ombre di una guida alpina formidabile

Mattia Zurbriggen fu tra le più famose guide alpine di fine ‘800. Tra il 1880 e il 1900 era ricercato dai più importanti alpinisti dell’epoca, i quali pur di ottenere i suoi servigi erano disposti a pagare cifre considerevoli con anni di anticipo. Il suo nome iniziò a circolare grazie alle imprese che portò a termine sul Monte Rosa, la sua montagna di casa. Mattia -Mathis come lo chiamavano i conoscenti- era svizzero di nascita (nacque a Saas Fee nel 1856), ma italiano d’adozione. Trascorse la maggior parte della vita a Macugnaga, dove esercitò per decenni la professione di guida alpina. La sua esistenza fu letteralmente sovrastata da una delle architetture alpestri più ardite: la Est del Rosa, la gemma himalayana incastonata nel cuore delle Alpi Pennine. Ferdinand Imseng -primo vincitore di quel versante, dove cadde nel 1881- disse di Zurbriggen che egli era “l’unico a non avere paura della Parete Est”.

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L’ingegnere e alpinista Maurizio Gallo ha guidato la commissione che ha redatto il piano dell’area attorno al K2. «Coinvolte le comunità locali». Il nuovo progetto per i 70 anni dall’ascesa di Compagnoni e Lacedelli: «Sarà una scalata di donne pakistane e italiane».

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Kurt Diemberger ❤️
(l’ultimo grande tenore degli Ottomila)
testo e foto di Robert Eckhardt
(pubblicato su Bergen Magazine)

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Presentazione del libro Soccorsi in montagna – 50 anni, 1954-2004, di Roberto e Matteo Serafin, Ferrari Edizioni

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Magnifica via, la “Deutch Wall”. Spittata con ampi “respiri”, la scalai nella primavera magica del 1992, se chiudo gli occhi posso ancora sentire il calcare nelle mani e gli aromi della Sardegna.

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