«Science is the most powerful and successful form of objective knowledge gathering. However, we lack a comparable understanding of how our lived experiences are essential to all human knowledge.
In the 2024 book The Blind Spot, Adam Frank, Marcelo Gleiser, and Evan Thompson argue that this conceptual disconnect between the observer and the observed is fueling a crisis of meaning.»

bigthink.com/13-8/why-science-

"Arendt depicts a society of lonely, atomized, lifeless people, one great unorganized, structureless mass of furious individuals, characterized by hatred, fear, organized terror, mass death, and unspeakable suffering. This is a world of science-fiction-level horror; utterly alien, incredible and outrageous."

lithub.com/why-we-should-all-r

Due letture che aiutano a comprendere il contesto storico e politico che si è sviluppato tra la fine degli anni '60 e gli anni '70.

«Prendete un ragazzino e destinatelo alla povertà. Poi spedito lontano da sua madre in un posto dove non vuole stare e se disubbidisce punitelo severamente. Mettetegli davanti agli occhi dei vecchi abbandonati, fategli anche subire qualche molestia dai preti. Quando diventa grande mostrategli che la polizia e i carabinieri sono li per fregarlo, in nome della legge, della sicurezza e delle persone perbene.
Che potete aspettarvi? che si faccia sfruttare contento? Che vi dica grazie? Appena può quell’animale morderà, non penserà nemmeno di essere una vittima, morderà e basta. Se avrà uno straccio di motivazione morderà ancora più contento. Non è necessario che siano grandi ideali, possono essere i codici della malavita, possono essere fanatismi religiosi. Vi siete fatti un nemico, dovrete costruire posti dove tenerlo chiuso, dovrete schiacciarlo.
Lui proverà a ragionare, forse arriverà addirittura a pensare di lottare insieme agli altri e di poter vincere. Come si vince? Questo non è facile. La prima cosa è abbandonare le illusioni, la seconda è comprendere che bisogna organizzarsi.
I ribelli ci mettono un po’ di tempo a capire queste cose. Si attaccano a sogni di rivalsa individuale, disprezzano la disciplina perché pensano che sia un segno di debolezza, ma a certe condizioni un ribelle può diventare un rivoluzionario, e questa è una vittoria. Non perché qualcuno, uno studente o un operaio lo abbia fatto entrare in una casa pulita e ordinata, ma perché la sua rabbia ha trovato un orizzonte, e questo orizzonte diventa la sua vita.»

---[Pasquale Abatangelo, Correvo pensando ad anna]

Due letture per evitare di rimanere incagliati tra le secche del razionalismo e le paludi dell’irrazionalismo. La nuova edizione di “Miti emblemi spie” (2023) di Carlo Ginzburg, ampliata e rivista rispetto alla precedente del 1986, mi ha salvato dall’acquisto di una copia della vecchia edizione in vendita a prezzi esorbitanti perché considerata introvabile. Le riflessioni fenomenologiche sul mondo interiore di Michel Henry sono una doccia fresca nel deserto dei modelli, delle procedure e dei sistemi che hanno ridotto la persona a individuo e poi a cosa tra le cose: modulare, calcolabile e prevedibile.

"Un tempo gli uomini dedicavano il proprio pensiero alle macchine, nella speranza che esse li avrebbero liberati. Ma questo consentì ad altri uomini di servirsi delle macchine per renderli schiavi."
(Frank Herbert, Dune, 1964)

Il ciclo di Dune è davvero bello. Tre parsec oltre Star Wars.

Non so dove troverò il tempo ma vorrei iniziare a leggere qualcosa del Ciclo di Dune. Sono passato in libreria: un dedalo, non so da dove iniziare. Qualche consiglio?...

«Ogni trasformazione mediale decisiva dà vita a un nuovo regime. Medium è dominio. Di fronte alla rivoluzione elettronica Carl Schmitt si è visto costretto a ridefinire il suo famoso principio della sovranità: «Dopo la Prima guerra mondiale, ho detto: “Sovrano è colui che decide sullo stato di eccezione”. Dopo la Seconda guerra mondiale, in vista della mia morte, dico ora: “Sovrano è colui che dispone delle onde spaziali”». I media digitali realizzano il dominio dell’informazione. Le onde, i media elettronici di massa perdono di rilevanza. Ai fini dell’ottenimento del potere è ora decisivo il possesso delle informazioni. Il dominio è assicurato non dalla propaganda massmediatica, bensí dalle informazioni. Di fronte alla rivoluzione digitale Schmitt dovrebbe riscrivere ancora una volta il suo principio della sovranità: sovrano è colui che dispone delle informazioni in rete.»

---[Byung-Chul Han, Infocrazia. Le nostre vite manipolate dalla rete, Einaudi (2023), pag. 16]

Che il nostro volto, sottraendosi al possesso e al nostro potere, sia sempre appartenuto ad altri è un tema bellissimo sul quale Lévinas ci ha insegnato a meditare:

«Ma se la libertà mi situa sfacciatamente di fronte al non-io, in me e fuori di me, se essa consiste nel negarlo o nel possederlo, di fronte ad Altri essa indietreggia.»
---[E. Lévinas, Totalità e infinito, Jaca Book, Milano 1980, pag. 86]

Dopodiché, non è indifferente chi sia l'Altro. Quando l'altro è una istituzione, un'azienda o una qualche forma di potere organizzato la situazione cambia e invoca il problema del rapporto tra vigilanza e sospetto. La vigilanza deve fondarsi sulla responsabilità, sul rispetto e la fiducia nell'altro (ruoli, istituzioni, persone). Quando fiducia e rispetto vengono meno la vigilanza diventa sospetto e l'accesso al volto dell'altro entra in dinamiche pericolose. Anche l'anonimato, per quanto possibile, acquista un diverso significato. È fondamentale cercare di comprendere come e quando saltano i rapporti di fiducia - nelle relazioni, nelle organizzazioni, nei contesti sociali e istituzionali. Quanto le tecnologie a nostra disposizione, i dispositivi e i contesti che generano, possono aiutare? Quando, come e dove diventano strumenti di controllo e di potere?

«L’Occidente ha guardato all’India con un secolare strabismo, come spesso succede per realtà lontane e complesse che si preferisce sognare più che conoscere: mondo di ossuti asceti inaccessibili a ogni umana emozione e patria nel contempo del Kamasutra, terra di sublime misticismo ma di rudimentale filosofia, di incancrenita povertà (della popolazione) e di ricchezze inimmaginabili (dei maharaja), e via dicendo.
Questo libro ha scelto di affrontare una in particolare di queste contraddizioni, ponendosi una domanda centrale: la visione così diffusa di un’India ascetica, spregiatrice del corpo e di ogni terrena passione corrisponde davvero alla realtà di questa grande civiltà? Al categorico “no” della risposta si arriva attraverso un’indagine che spazia dall’India tradizionale a quella contemporanea, adoperando strumenti diversi in ragione della grande varietà dei fenomeni indagati: allo studio dei testi filosofico-religiosi e letterari e delle opere d’arte si affiancano così l’antropologia, la psicoanalisi e gli studi di genere.»

«Cent’anni fa, in questi stessi giorni, la nostra patria cadeva nelle mani di una banda di delinquenti, guidata da un uomo spietato e cattivo. Un uomo capace di tutto; persino di far chiudere e morire in manicomio il proprio figlio, e la donna che l’aveva messo al mondo».

Comincia così il racconto di Aldo Cazzullo su Mussolini. Una figura di cui la maggioranza degli italiani si è fatta un’idea sbagliata: uno statista che fino al ’38 le aveva azzeccate quasi tutte; peccato l’alleanza con Hitler, le leggi razziali, la guerra.

Cazzullo ricorda che prima del ’38 Mussolini aveva provocato la morte dei principali oppositori: Matteotti, Gobetti, Gramsci, Amendola, don Minzoni, Carlo e Nello Rosselli. Aveva conquistato il potere con la violenza – non solo manganelli e olio di ricino ma bombe e mitragliatrici –, facendo centinaia di vittime.

Fin dal 1922 si era preso la rivincita sulle città che gli avevano resistito, con avversari gettati dalle finestre di San Lorenzo a Roma, o legati ai camion e trascinati nelle vie di Torino. Aveva imposto una cappa di piombo: Tribunale speciale, polizia segreta, confino, tassa sul celibato, esclusione delle donne da molti posti di lavoro. Aveva commesso crimini in Libia – 40 mila morti tra i civili –, in Etiopia – dall’iprite al massacro dei monaci cristiani –, in Spagna. Aveva usato gli italiani come cavie per cure sbagliate contro la malaria e per vaccini letali. Era stato crudele con tanti: a cominciare da Ida Dalser e dal loro figlio Benitino.

La guerra non fu un impazzimento del Duce, ma lo sbocco logico del fascismo, che sostiene la sopraffazione di uno Stato sull’altro e di una razza sull’altra. Idee che purtroppo non sono morte con Mussolini. Anche se Cazzullo demolisce un altro luogo comune: non è vero che tutti gli italiani sono stati fascisti. E l’antifascismo dovrebbe essere un valore comune a tutti i partiti e a tutti gli italiani.

---[Aldo Cazzullo, Mussolini il capobanda. Perché dovremmo vergognarci del fascismo - Mondadori]

Primo giorno di vacanza, tempo brutto. In una bancarella del lungo mare trovo questo pezzo di antiquariato a 5 euro: un testo storico del 1971. Domani ci torno per cercare altro. Anche con il tempaccio può essere una magnifica giornata 🙂

Mi chino ad allacciarmi una scarpa, arriva una bambina piuttosto piccola: «Che cosa stai facendo?». Glielo spiego. «E tu?», le domando. «Io...», la bambina si volta e corre via, proseguendo la frase con il movimento. Ripenso a Eraclito, quando diceva che "aiòn pàis esti paìzon". Gli studiosi traducono che il tempo è «un bambino che gioca», o addirittura «fanciullo nel trastullo». Pochi notano che "pàis paìzon" è quasi un bisticcio di parole, è un nome seguito dalla sua verbificazione, è il passaggio all’atto del nome che trabocca in verbo: «un bambino bambinante, un bambino che bambina».
Il tempo è un essere che si esegue: la sua azione consiste nell’essere fattivamente sé stesso. Il tempo è un bambino che fa il bambino. La bambina che ho incontrato io è un essere che inserisce nel linguaggio sé stessa e la propria azione, non separa essere, fare e dire. Nel frattempo io, da consumato vivisezionatore, ho allacciato la mia scarpa, mi sono visto farlo, e l’ho detto.
---[Tiziano Scarpa - La vita, non il mondo]

Sometimes we go fare away, searching for some kind of inspiration, losting more close ones…
“Ekaś candras tamo hanti na ca taraḥ sahasrasaḥ” - One Moon kill the darkness, and not (more than) thousand of stars - [Cāṇakya Paṇḍita]

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