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@naciketas questi erano gli aspetti del tuo articolo sui quali mi trovavo d'accordo. Non ho mai creduto né ho mai detto che la "psicoterapia", la psicologia o la psichiateia siano la soluzione a ogni problema. Non si ammalano solo i corpi, si ammalano anche i contesti, le reti di senso e significato.

@naciketas sintetizzo perché qui non è possibile fare o dire oltre su faccende davvero complesse. Comunque, il riferimento ad Heidegger era soprattutto ai lavori giovanili (1919-1925) quelli che proprio a partire dal problema della vita fattizia (das faktische Leben) lo portarono alla critica dello "psicologismo", alla rottura con Husserl e allo sviluppo del metodo della "formale Anzeige" (Phänomenologie des religiösen Leben).
So bene delle responsabilità di un educatore, per questo pur avendo letto di pedagogia, non mi permetto di sparare a zero su chi insegna solo perché la scuola è piena di problemi o ci sono insegnanti che non fanno bene il loro lavoro. La loro responsabilità non mi mette sullo stesso piano, indipendentemente dalle letture e dalle opinioni. Vale anche per altre professioni "responsabilizzanti".
Prima di cambiare facoltà ho attraversato il biennio di fisica, credo di avere qualche idea di cosa significhi studiare un fenomeno nella prospettiva del metodo. Dopodiché ci sono fenomeni che richiedono altri approcci, altri metodi, altri percorsi veritativi, questo l'ho imparato da Heidegger, Gadamer, Patocka e altri maestri della fenomenologia.
La psicologia alla quale fai riferimento sta morendo, anzi è morta da un pezzo,(Gazzaniga, The mind's past), anche se ci sono psicologi e psichiatri che sembrano non essersene accorti (Heidegger, Seminari di Zollikon). È rassicurante procedere ben legati a una fune (un modello) quando devi attraversare un abisso, altra cosa è fare storia della psicologia. Il testo che ti ho indicato sviluppa e articola bene queste ed altre questioni. Non riesco a dire di più su un social, mi dispiace. Se in qualche modo le mie considerazioni ti hanno infastidito me ne scuso.

@naciketas va bene, giusto per il piacere di un dialogo. Se hai letto Freud, forse dovresti aver colto che già dal 1905 i concetti di investimento (Besetzung), di rappresentazione (Vorstellung) e di pulsione (Trieb) sono il disperato tentativo di superare il vuoto - più propriamente l'abisso - che separa il mondo esterno dal mondo interno. La separazione tra questi due "mondi" (postulati) e gli avvitamenti per tentare di costruire un ponte tra i due è l'aspetto che accomuna le due prospettive, quella della energetica psicoanalitica e quella cognitivista. Il fatto che i cognitivisti si appellino a dei correlati neurali o ai processi di elaborazione della informazione non cambia nulla rispetto alla impostazione di fondo e ai suoi naufragi. Entrambe le prospettive finiscono per perdere completamente il contatto con il senso e il significato della esperienza vissuta (das faktische Leben), soffocata nelle spiegazioni teoretiche (il riferimento è Heidegger, ma lasciamo stare). Questo in sintesi.
Non sono cose che mi sto inventando, sono nessuno, trovi critiche ed analisi dettagliate in autori come Kaltenbeck, Wyss, Kohut, Heidegger, Ricoeur (soprattutto) e tanti altri...
Permettimi, insegnare psicologia è cosa ben diversa dal doversi prendere la responsabilità nella cura. Insegno anch'io (non nelle scuole) ma poi mi devo fare carico penalmente di un adolescente che si taglia o che arriva accompagnato dai genitori per una anoressia ai limiti del ricovero, di quello che intende farla finita... Studiare anatomia non fa di me un medico. Le cose cambiano molto quando dobbiamo rispondere penalmente di ciò che sappiamo (o crediamo di sapere) e di ciò che ne facciamo. In questo, pur apprezzando diversi punti, ho trovato il tuo articolo un po' spocchioso nella pretesa di decidere chi sia degno di fiducia e chi no, oltretutto partendo da generalizzazioni.
Se vuoi puoi trovare una articolazione più dettagliata di alcune faccende alle quali accennavo in questo testo, abbastanza recente: link.springer.com/book/10.1007

@naciketas la persona non c'entra nulla. Si tratta di come si arriva al senso e significato della esperienza vissuta da un Chi nelle due prospettive. In entrambe l'esperienza è annullata dalla spiegazione teoretica dei modelli. Trovi abbondanti tracce di questo anche solo leggendo le opere originali di Freud, un problema che è stato più volte denunciato da diversi autori della stessa psicoanalisi. Non è affatto una polemica, davvero, ma è evidente che non conosci né la storia né i presupposti epistemologici di quelle due prospettive, c'è abbondante letteratura a sostegno di quello che accenno ma non sono letture per dilettanti.

@naciketas ho fatto riferimento al Metodo, non era un rimando alla magia. Credo ti siano note le riflesisoni di Gadamer in "Verità e metodo".

@naciketas la prospettiva cognitivo-comportamentale condivide i medesimi presupposti filosofici ed epistemologici della psicoanalisi, ed arriva ai medesimi (irrisolti) problemi: non riesce a portare alla luce i fenomeni della vita e si perde per strada l'esperienza stessa della persona insieme ai significati. Gli studi di Wampold hanno chiaramente mostrato che i modelli spiegano solo l'1% dei risultati di una terapia, è anche da qui che è partito un nuovo indirizzo di studi e di ricerche. Il tuo articolo, del quale condivido molte riflessioni, è solo un modo per aprire un dialogo sia pure a partire da ciò che invece non condivido.

@naciketas "scientifico" non vuol dire nulla, se non che un fenomeno viene indagato e conosciuto nella prospettiva del metodo. Non scientifico non vuol dire "a pene di mastino" o arbitrario. La fenomenologia (tanto per fare un esempio) ha un suo rigore e un suo metodo - l'indicazione formale o formale Anzeige - nella indagine di fenomeni che non sono riducibili alla cosa. La psicologia è certamente in una fase storica di grande crisi. Se non vuole ridursi ad ancella delle neuroscienze deve mettere a tema i suoi stessi fondamenti storici e metodologici. Alcuni lo stanno facendo ed è un lavoro complesso, richiede competenze e conoscenze non superficiali non riducibile a luoghi comuni, che non aiutano nessuno.

@naciketas mettere a tema (giustamente) l'inconsistenza e l'inutilità delle generalizzazioni, i teoremi calati a partire da un particolare, e poi però seguire lo stesso movimento rispetto alla psicologia e agli psicologi... apprezzo diverse considerazioni dell'articolo e le condivido, non mi sembra invece che portino da qualche parte le generalizzazioni sulla psicologia, che non è riducibile all'arcipelago della psicoanalisi o di una qualunque altra (vecchia) prospettiva. Peraltro, esiste un movimento interno alla psicologia stessa che parte da presupposti molto diversi, sviluppando prospettive e metodi altrettanto diversi da quelli conosciuti nella vulgata della psicologia come esrcizio della chiacchiera. Se ciascuno facesse il suo lavoro, cercando il dialogo con gli altri, eviteremmo meglio i "teoremi" e forse potremmo aprire prospettive più utili e praticabili per tutti.

«Our results indicate that the algorithm amplifies emotional content, and especially those tweets that express anger and out-group animosity. Furthermore, political tweets from the algorithm lead readers to perceive their political in-group more positively and their political out-group more negatively. Interestingly, while readers generally say they prefer tweets curated by the algorithm, they are less likely to prefer algorithm-selected political tweets. Overall, our study provides important insights into the impact of social media ranking algorithms, with implications for shaping public discourse and democratic engagement.»

arxiv.org/abs/2305.16941

Engagement, User Satisfaction, and the Amplification of Divisive Content on Social Media

In a pre-registered randomized experiment, we found that, relative to a reverse-chronological baseline, Twitter's engagement-based ranking algorithm may amplify emotionally charged, out-group hostile content and contribute to affective polarization. Furthermore, we critically examine the claim that the algorithm shows users what they want to see, discovering that users do not prefer the political tweets selected by the algorithm. Finally, we explore the implications of an alternative approach to ranking content based on users' stated preferences and find a reduction in angry, partisan, and out-group hostile content but also a potential reinforcement of echo chambers. The evidence underscores the necessity for a more nuanced approach to content ranking that balances engagement, users' stated preferences, and sociopolitical outcomes.

arxiv.org

@peacelink direi vilipendio di cadavere, più che altro.

@stimart@mastodon.uno @Bastacosi "quando avrete sfondato a testate il muro della vostra cella, cosa farete nella cella accanto?" (cit. un Monaco di tradizione Tien Tai)

@Camilo è così, ed anche peggio, in tutti i campi base degli ottomila. La puzza di escrementi la senti qualche km prima di arrivare ai campi base. Chi cerca un alpinismo autentico non ha bisogno di salire gli ottomila. Nell'Himachal Pradesh ci sono montagne inesplorate e mai scalate dove è possibile muoversi in stile alpino, senza portatori e in modo pulito. Quello che accade da sempre negli ottomila è puro esercizio commerciale. L'Everest stesso è stato salito come espressione dell'ultimo disperato atto di imperialismo degli inglesi mentre il loro impero si stava sfaldando.

@gubi @LaVi vero, ma è anche vero che nel tempo siamo tutti diventati parte - consapevole o no - del dispositivo (Foucault). Una deriva che aveva già ben indicato Pasolini quando denunciava il micidiale effetto di omologazione nella società deinconsumi di allora. Oggi è tutto enormemente più amplificato. Una massa sterminata di "tossicodipendenti" da consumo dell'inutile orientati solo dalla dose quotidiana di dati e contesti nei quali mendicare una qualche identità.

@unoscribacchino sono rimasti gli stessi, hanno oggi molte più opportunità e mezzi per "spegnere" qualunque espressione di vita diversa dalla loro.

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Gig workers, unite! Il diario di un ciclofattorino italiano in trasferta a Los Angeles per il 1° congresso internazionale dei lavoratori delle piattaforme, occasione per disegnare strategie e alleanze
@lavoro
24/4/23. Nel caos di Los Angeles, la sede del Seiu (Service Employees International Union) ospita il 1° Congresso internazionale dei lavoratori delle piattaforme. Il primo evento su questa scala vede partecipare delegazioni di rappresentanti da 15 paesi.
@twcitalia
jacobinitalia.it/gig-workers-u

@Camilo molto interessante, grazie per averlo condiviso. Puoi darmi indicazioni su dove posso trovare informazioni dettagliate di questo evento?

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